Atene vara l'austerity e batte cassa
Atene è arrivata ieri a Bruxelles con in tasca il jolly per chiudere la partita del suo debito pubblico. E cioè con l'accordo politico sulle nuove misure di austerity chieste dalla troika Bce, Fmi e Ue per sbloccare il prestito da 130 miliardi necessario alla Grecia a evitare il default. Il governo guidato da Lucas Papademos ha, infatti, ottenuto il via libera alle misure draconiane abbatti-deficit da parte dei principali partiti politici. Il paese ellenico ha evitato all'ultimo momento una pericolosa rottura interna con un'intesa «tecnica» sugli interventi. Un patto che ai colleghi europei arrivati a Bruxelles, però, non è bastato. Lo sforzo, primo passo per una soluzione, non è stato considerato sufficiente a far allargare i cordoni della borsa all'Europa. Alla posizione di intransingenza espressa dal ministro tedesco Wolfgang Schauble: «Non ci sarà (una decisione sugli aiuti ndr) al termine dell'Eurogruppo», si è aggiunto il vice presidente della Commissione Europea Olli Rehn che ha spiegato che «sulla Grecia è stato raggiunto un accordo a "livello tecnico" tra Atene e Troika. Ora sta al governo e al Parlamento greci assumere misure concrete a livello legislativo per convincere i partner dell'area euro, a cui si chiedono altri aiuti, sulla determinazione a attuare quanto stabilito». «Penso che avremo un'intensa discussione - ha detto ancora Rehn - sta al governo e al Parlamento greci convincere che da parte loro c'è un forte impegno». Anche il presidente dell'Eurogruppo, Jean Claude Juncker, ha smorzato i facili entusiasmi sul dossier che da mesi impegna l'Ue in consultazioni fiume che non sono mai addivenute a una soluzione finale. «Ci sono ancora numerosi punti da chiarire sulla Grecia e questo rende difficile la conclusione di un accordo questa sera (ieri ndr) all'Eurogruppo su nuovi aiuti finanziari ad Atene» ha detto Juncker al suo arrivo alla riunione a Bruxelles. Non ci sono ancora gli elementi per poter «credere che ci sarà un accordo questa sera (ieri ndr)» ha detto Juncker, aggiungendo che «se non è per stasera, sarà per la settimana prossima. Non sarebbe una catastrofe». E per non farsi mancare nulla è arrivata immancabile la voce della custode dell'ortodossia monetaria europea, Angela Merkel, che a esortato il governo greco a realizzare in fretta le riforme concordate con la Troika. «Alcune misure urgentemente necessarie sono state accettate su carta, ma in gran parte restano ancora irrealizzate», ha detto la Cancelliera tedesca in un'intervista che uscirà oggi sul quotidiano Passauer Neue Presse. Merkel ha anche espresso la propria comprensione per i greci, severamente colpiti dalle misure di risparmio: «So che le riforme necessarie per molti greci comportano duri tagli. E comprendo che coloro i quali personalmente non hanno causato la crisi del proprio Paese ora manifestino pacificamente». «È un buon inizio, ma resta ancora molto da fare» ha chiosato il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde. Insomma nonostante lo sforzo della politica greca Bruxelles attende ora fatti concreti, ovvero la traduzione in provvedimenti legislativi degli interventi decisi dall'esecutivo Papademos e, finora, solo annunciati. Non sarà facile in un paese con 11 milioni di abitanti e una scarsa struttura industriale tagliare almeno 150 mila dipendendenti pubblici entro il 2015. Nella lettera inviata alla Troika si spiega che l'obiettivo è volto a ridurre la quota di occupati considerati superflui nella pubblica amministrazione, che costituisce il serbatoio di impiego più importante del paese. Nel caso in cui la tabella di marcia sulla riduzione dei dipendenti pubblici non fosse rispettata il governo greco si impegna a congelare le assunzioni «immediatamente». Sono previste inoltre misure di bilancio quest'anno pari all'1,5% del pil ed entro il 2015 misure pari al 5% del pil; il taglio dei salari pubblici (con un risparmio pari all'1,5% del pil entro il 2015). Non è chiaro al momento quale sarà l'intervento sulle pensioni, l'impegno sarebbe di assicurare un risparmio annuale della spesa previdenziale pari allo 0,4% del pil. Entro fine aprile, poi, la banca centrale ellenica dovrà comunicare alle banche il calendario per le ricapitalizzazioni che saranno finanziate attraverso il fondo di stabilità finanziaria della Grecia. Quanto alle privatizzazioni sarebbe confermato l'impegno ad anticipare operazioni per 50 miliardi di euro incluse quelle per ottenere 19 miliardi entro il 2015. Dovrà essere definito un programma di vendite per la prima parte del 2012 (società del gas, hellenic petroleum, società dell'acqua) mentre nella seconda metà 2012 dovranno essere lanciate le operazioni per porti, aeroporti e la società delle autostrade». La Grecia uscirà dalla sua crisi ma si ritroverò senza una effettiva sovranità economica. La gran parte del patrimonio pubblico sarà privatizzato per fare cassa e non è escluso che banche d'affari e fondi internazionali si gettino come avvoltoi per fare la scorpacciata di quel che resta della ricchezza greca. Fin qui la parte tecnica e politica. Che non prende in carico il prezzo sociale dell'intervento chiesto dai creditori che costringe un'intera nazione ad accettare manovre di aggiustamento feroci non tanto per la quantità quanto per il tempo per ottenere il risultato: troppo breve perché la popolazione riesca ad attutire l'impatto di così forti cambiamenti. Per ora però la via d'uscita prospettata resta quella tracciata dai tecnici Ue. Intanto a supporto della soluzione per evitare il default di Atene è arrivata la quasi chiusura dell'accordo con i creditori privati rappresentati dall'Iif. Venizelos ha spiegato che «abbiamo raggiunto un accordo con i creditori privati sui principali parametri». I mercati non si sono scaldati. Borse caute.