In Nigeria chiusi i pozzi di petrolio
«Stiamoper notificare al governo federale della Nigeria», si legge in una nota, «che Pengassan (il sindacato, ndr) sarà costretto a proseguire nelle sue azioni di lotta compresa la difficile decisione di fermare la produzione di petrolio e gas a partire da domenica». La Nigeria è arrivata così al quarto giorno consecutivo di sciopero contro l'eliminazione dei sussidi sui prodotti petroliferi decisa a Capodanno, che ha fatto impennare i prezzi della benzina e di alcuni generi di prima necessità. L'agitazione potrebbe comunque rientrare perché lo scontro ha lasciato il posto alla mediazione con la decisione di un incontro tra il presidente nigeriano Goodluck Jonathan e i rappresentati sindacali. «Incontreremo il presidente» ha dichiarato Peter Esele, presidente del Congresso dei sindacati (Trade Union Congress - Tuc), poco dopo l'annuncio da parte dei sindacati del settore petrolifero del blocco della produzione. La Nigeria è il primo produttore di greggio del continente africano con 2,4 milioni di barili al giorno. Il settore petrolifero, finora risparmiato dalle proteste sociali, rappresenta circa due terzi delle entrate del Paese e il 90% delle esportazioni. La minaccia di fermare il comparto, da cui dipende il 95 per cento circa delle esportazioni nigeriane, è ritenuta da alcune fonti un'ipotesi legata soprattutto a «schermaglie negoziali», che difficilmente «si arriverà a mettere in pratica entro la settimana in corso». Di sicuro, come ha detto uno dei leader sindacali, «il settore è in allarme rosso in vista di un eventuale blocco della produzione petrolifera». Da più parti, maggioranza e opposizione, arrivano richieste al capo dello Stato, Goodluck Jonathan, di «ripristinare la situazione in vigore prima dell'inizio dell'anno», come ha sottolineato Olusegun Obasanjo, ex dittatore e predecessore dello stesso Jonathan nonché azionista di peso anche dell'attuale esecutivo. I sindacati, nel frattempo, continuano a invitare i manifestanti «a protestare pacificamente», respingendo al mittente le accuse secondo cui le attuali violenze nel Paese sarebbero collegate e fomentate dagli scioperi. Secondo gli esperti l'arresto della produzione petrolifera in Nigeria aggraverebbe le tensioni sull'offerta mondiale di oro nero, già esacerbata dalla decisione degli europei e del Giappone di rinunciare al greggio iraniano e pertanto di rifornirsi altrove. All'annuncio, il prezzo del barile di greggio è schizzato di più di 2 dollari a New York poco dopo l'apertura del mercato americano. Le quotazioni del Wti con scadenza a febbraio hanno superato i 102 dollari mentre il Brent, sempre con consegna a febbraio si è portato sopra i 114 dollari. A spingere in alto i prezzi sono state però oltre alle tensioni geopolitiche gli assestamenti sul mercato valutario e in particolare il deprezzamento del dollaro rispetto all'euro.