S&P's non si ferma: Ue ancora a rischio
Paura del lunedì nero
Niente da fare. Il giorno successivo all'abbassamento da parte di Standard&Poor's dei rating di 9 dei 17 paesi europei, l'agenzia non ha ceduto di un millimetro sulle scelte fatte. Anzi ha rincarato la dose. In una conferenza telefonica Moritz Kraemer, managing director di S&P per il debito sovrano dell'Europa, ha spiegato le motivazioni della decisione di tagliare il giudizio di affidabilità finanziaria praticamente per l'intera Eurozona. Nel mirino continuano infatti a esserci l'Italia e Spagna che restano «i Paesi più vulnerabili ai rischi sistemici, con la possibilità di un immediato peggioramento della situazione economica» ha spiegato Kraemer. Una sottolineatura che ha spaventato anche la Bce, che, per bocca dell'austriaco Ewald Nowotny, governatore della banca centrale di Vienna, ha definito il taglio del merito creditizio di Roma «il problema più serio per l'Europa». Anche l'arma del fondo Salva Stati rischia di rivelarsi spuntata. «In condizioni normali il debito dei due paesi sarebbe gestibile» ha detto il manager di S&P's ma ora lo stesso rifinanziamento è «oltre la portata del fondo Efsf». Un baluardo che comunque resta in piedi ma che potrebbe entrare presto nel mirino della società di analisi creditizia. Il Fondo europeo per la stabilità finanziaria ha finora ricevuto dalle agenzie il rating più elevato, perché garantito da sei Stati con il punteggio più alto: Germania, Francia, Finlandia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria. Ora la garanzia massima è ridotta a soli quattro paesi. Il giudizio sarà presto emesso. Si parte con un possibile dowgrading perché dopo aver declassato l'Austria e in particolare la Francia, la seconda più grande economia in Europa, «non si raggiungerà più il 100% di copertura» ha spiegato Kraemer. La botta assestata alle finanze pubbliche d'Europa rischia comunque di non essere l'ultima. «Sono in aumento i rischi sulla scia della crisi dei debiti sovrani e ulteriori declassamenti sono possibili e c'è un considerevole rischio di un ulteriore peggioramento di bilancio nonostante i piani varati dai Paesi per fronteggiare la crisi» ha meglio precisato Kraemer. La Francia, oltre all'Italia, sarebbe già entrata nella lista. E proprio su Roma il focus di S&P's raffredda gli entusiasmi di chi puntava sul governo Monti come la chiave vincente contro la speculazione internazionale. La politica italiana è cambiata «in modo marcato sotto il nuovo Governo», ma «i progressi italiani non sono sufficienti a superare i venti contrari» ha dichiarato S&P's. La situazione di gravità è comunque generalizzata. E l'agenzia di rating «prevede una recessione con una probabilità del 40 per cento per quest'anno». Una stima che potrebbe significare una contrazione dell'economia della zona euro di circa l'1,5 per cento». Resta salva la Germania che ha conservato la Tripla A perché «le finanze pubbliche del Paese sono più solide di quelle dei suoi partner europei ed è piuttosto improbabile immaginare per lei uno scenario negativo». S&P's infine ha spazzato il campo dalle ipotesi di complotto dichiarando «che non è il mandante della rottura dell'euro».