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Boicottaggio dei collant sul web contro i tagli

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Oraa far piovere critiche sulla società guidata da Nerino Grassi è il popolo del web, con un evento pubblico su Facebook, in programma il 31 gennaio dalle 19 alle 22 e intitolato «Mai più Omsa». Attiva da un paio di giorni, la pagina creata da Massimo Malerba - che rilancia il «Mai più Omsa» anche su «Il Post viola», blog ufficiale del Popolo Viola - ha già raccolto 23.700 partecipanti al boicottaggio (ma il ritmo di crescita è rapidissimo: alcune decine al minuto) mentre gli incerti superano i 1.600 e gli invitati sfondano il tetto dei 256.000: chiunque clicchi su Facebook il bottone «parteciperò», infatti, si impegna a non acquistare prodotti Omsa e Golden Lady e a invitare amici e parenti a fare altrettanto, oltre a invitare almeno 10 amici a quest'evento. La rivolta lanciata dagli internauti prende le proprie mosse dal licenziamento di massa alla Omsa deciso dal produttore di calze di Castiglione delle Stiviere, - gruppo mantovano titolare, di marchi come Philippe Matignon, Sisi, Hue Donna, Hue Uomo, Saltallegro, Saltallegro bebè, oltre a Omsa e Golden Lady - e rivelato, il 29 dicembre scorso, da due sindacalisti faentini della Filctem-Cgil. La comunicazione con la scelta di procedere alla «risoluzione dei rapporti di lavoro» alla Omsa al termine della cassa integrazione straordinaria fissata per il 14 di marzo, era stata inoltrata via fax, il 27 dicembre a pochi giorni dall'incontro al ministero dello Sviluppo Economico a Roma, tra azienda, istituzioni e sindacati, avvenuto il 23 dicembre e concluso con un arrivederci al 12 gennaio. Un atto che le segreterie di Cgil, Cisl e Uil avevano subito bollato come «provocatorio e arrogante», foriero di «una reazione compatta di tutti i soggetti che si sono mobilitati contro questa tragedia di disimpegno irresponsabile da parte del gruppo» mantovano. Gruppo che alla Omsa - entrata in Golden Lady Company nel 1992 - impiega a Faenza 239 dipendenti, parte dei 3.500 dislocati in 11 stabilimenti produttivi in Europa, oltre all'americana Kayser Roth Corporation forte di 4 stabilimenti produttivi e 1.500 dipendenti. «La decisione di chiudere lo stabilimento di Faenza per riaprirlo in Serbia non ha giustificazione - si legge sulla pagina di protesta su Facebook -: la Omsa, infatti, non è in crisi, produce e vende tantissimo, si fregia del marchio Made in Italy e in Italia ha il grosso del suo mercato. Ma in Serbia, forse, può sfruttare meglio chi lavora».

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