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Così si uccidono sogni e speranza

Lotteria, scatta il prelievo sulle vincite

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Uccidere la speranza. Che brutta cosa. Anche anti-evangelica, a pensarci bene. Perché se il gioco compulsivo è stato condannato a più riprese dalla Chiesa - anche in merito ai concorsi popolari, del tipo Lotto e suoi derivati - non ci risulta a tutt'oggi che la Cei abbia mai preteso una quota del dividendo della fortuna.   Ci ha pensato Monti rifacendosi al quasi omonimo ex ministro dell'Economia, che addirittura di «cime» poteva vantarne Tre. Fu del leghista l'idea di tassare le vincite dei giochi, è vero. Ma è altrettanto vero come quel progetto fosse disgiunto da tutta la serie di gabelle che stanno fioccando, sgraditissima neve, sulla campagna di desolazione in cui è ridotto il Belpaese.   Tra Equitalia e ricorsi ai vigili urbani restava la grande speranza, magari con sole due colonne di Superenalotto all'«immorale» cifra di un euro, di sistemare tutto. Un sogno? Sì, perché è forse vietato? Adesso vogliono tassare anche quello. Una volta si diceva «sognare non costa nulla»: falso, in questi giorni il freddo tecnicismo del Governo ha abrogato persino uno dei più solidi proverbi della nonna. E allora, chi sognava una sorta di autocondono, pagato di tasca propria grazie alla dea bendata, dovrà cominciare ad arrovellarsi il già martoriato cervello con una serie di interrogativi, quasi un «sistema» autodistruttivo: ma se dovessi mai vincere, dovrò pagare anche questa volta? E se la fortuna finalmente mi dovesse baciare (è da quando sono nato che me lo ripeto) sarebbe davvero un bel bacio? O anche questa volta sarebbe solo questione di interesse? Insomma, tra un ragionamento serio e uno offuscato da un goccio sempre più frequente di Prosecco (non già esclusivo compagno delle feste comandate, ma piccolo anestetico liquido nel quale sciogliere l'amarezza di tutti i giorni) sta per uscire fuori una verità: la paura. Sì, perché un balzello del genere, oltre a uccidere la speranza, genera incertezza, ulteriore ansia. Sino a diventare, nelle varie sfumature e accezioni, terrore. Come porre rimedio? Da bambini prima di addormentarsi e, possibilmente, di sognare si faceva ricorso alla fiaba. E i piccoli, dinanzi ai «grandi» problemi della loro tenera età hanno sempre trovato conforto nell'individuare l'eroe buono in quello positivo, e il male dietro le fattezze dell'orco di turno. Insomma, la prima percezione del gusto di una fiaba era quello di esorcizzare la paura del male. Ora sarà molto più difficile raccontare una fiaba a un bambino perché potrebbe anche accadere di sentirsi rispondere dall'infante: «Basta con queste favolette, papà, ma non vedi lo spread come aumenta?». Insomma, lo stupore del sogno rischia di essere sostituito da una cartella esattoriale di qualche multinazionale dell'infanzia, con tanto di carillon a norma CE sul lettino con le sbarre. Perché uccidere il sogno? Perché sopprimere la speranza? Vale più un 6 per cento di prelievo sulla dea bendata (che scorrettezza, per giunta, non se ne può neanche accorgere e dovrà davvero far finta di non aver visto...) o una serena quanto improbabile aspettativa di fortuna? Propendo per la seconda perché doveva essere l'unica cosa in Italia a non costare nulla. Può sembrare un pour parler fine a se stesso, ma non è così. Il disagio sociale cresce e ne sono quotidiana testimonianza i centri di psicologia pubblica, sempre più popolati anche da molti ex ricchi che hanno mollato il costoso «strizzacervelli» privato. Cresce la depressione anche perché il ricorso alla gabella del giorno non aiuta a migliorare un disagio psicologico interiore già in atto. Ma il rimedio c'è, visto che siamo in Italia e «fatta la legge si trova l'inganno». Considerato quest'ultimo come una specie di patto in deroga: la Lotteria Italia non è tassata. Pensa che c...

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