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Moody's avverte anche l'Inghilterra

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L'agenziaUsa: la crisi dell'euro può far perdere il rating tripla A a Londra

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Quellache tratta i derivati buoni, ma anche quelli cattivi che continuano a inquinare, dal 2007, l'economia reale. Londra è la base della speculazione che si muove a velocità telematica nel pianeta. Ma ora, ironia della sorte, rischia di essere travolta dagli stessi meccanismi che hanno aizzato le puntate di chi scommette sul fallimento degli Stati. Già, le società di rating Usa, che hanno assunto il ruolo di giudici ultimi della solidità finanziaria di società e di intere nazioni hanno messo un discussione il voto sul debito sovrano della Gran Bretagna. Nessun taglio alla «Tripla A» della regina Elisabetta ma solo l'accensione di un faro sul fatto che anche il paese d'Oltremanica non è immune dalla crisi del debito dell'eurozona. A sparare il primo colpo è stata ieri Moody's nel rapporto annuale sul debito britannico, che non rappresenta un intervento sul rating del Paese, ma che spiega che l'aumento del debito, le deboli prospettive economiche e i rischi dell'eurozona mostrano che la Gran Bretagna «ha una ridotta capacità di assorbire ulteriori shock macroeconomici o fiscali senza effetti sul rating». Londra potrebbe così perdere il top dei voti come gli altri Paesi Ue. Certo il finanziamento più costoso del debito avrà un'incidenza sulle casse dello Stato inglese e potrà indebolire il corso della sterlina ancora più forte rispetto all'euro. Una circostanza che si tradurrà in inflazione importata per acquistare quei tanti beni che la Gran Bretagna non produce più. Sopportabile comunque. Resta il gesto, di lesa maestà, per un paese che oggi esporta gran parte dei servizi finanziari utilizzati nel mondo. Un taglio del rating non sarebbe gradito a chi gestisce uno degli snodi nevralgici del denaro nel mondo. E che continua a dispensare insegnamenti all'Ue. Secondo gli analisti infatti Londra avrebbe contribuito al successo dell'asta di Madrid di martedì scorso, con tassi in picchiata, comprando a piene mani titoli spagnoli. Un segnale alla Germania che si ostina a porre veti sull'acquisto di titoli di stato da parte della Bce, sul mercato secondario, e vieta gli acquisti nel corso delle aste ufficiali. Il calo dei tassi spagnoli è la migliore conferma che le tensioni sugli spread si stemperano comprando titoli di stato. Un insegnamento che vale per tutti. Anche per l'Italia. Intanto la Banca Centrale Europea ha aperto i rubinetti del credito e sommerso di liquidità le banche europee per cercare di scongiurare lo spettro del credit crunch. Nella prima asta straordinaria, Francoforte ha messo a disposizione di 523 istituti di credito che ne hanno fatto richiesta, la somma record di 489 miliardi di euro per tre anni al tasso fisso dell'1%. Si sono presentate anche 14 banche italiane, fra cui Unicredit, Intesa San Paolo e Mps prendendo in prestito, secondo fonti vicino all'operazione, 116 miliardi di euro, ossia quasi un terzo del totale.

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