dall'inviato Tiziano Carmellini POMIGLIANO D'ARCO Entra in scena come un divo del cinema muto, tra la standing ovation dei suoi operai che formano un corridoio umano verso il mondo.
L'uomodel giorno è lui, un vero e proprio fiume in piena all'indomani dell'epocale accordo firmato con i sindacati che ha «tagliato» fuori la Fiom. Un altro strappo con il passato dopo l'uscita da Confindustria dei mesi scorsi, un passaggio secondo il numero uno di Fiat inevitabile per rendere la Casa torinese competitiva in un mercato che sta cambiando. L'altra faccia della medaglia Fiat sono gli operai rimasti «fuori» iscritti ai sindacati Slai Cobas, Fiom che protestano «contro» e invitano l'ad a tornarsene in Canada. Ma lui tira dritto, convinto del fatto che questa fosse l'unica strada per salvare Pomigliano e rimettere la Panda, che dal 2007 viene prodotta in Polonia, nelle mani degli italiani. Ed è proprio con la firma congiunta con John Elkann sul primo pezzo prodotto dalla nuova linea, che parte questa nuova avventura tricolore: vettura che gli operai di Pomigliano regalano all'«Head of Fiat Brand» Francois Olivier. Poi è solo Marchionne, poche ore di sonno sulle spalle causa il rientro in extremis dagli States, ma pronto a mettersi di nuovo contro tutto e tutti... ma al fianco dell'Italia. «Il nostro dovere è privilegiare il Paese in cui la Fiat ha le proprie radici - attacca - la nostra scelta di fare qui la Panda non è basata su principi economici e razionali. Lo abbiamo fatto considerando la storia della Fiat in Italia, il rapporto privilegiato con il Paese. E oggi sono qui per ribadire con i fatti che Fiat intende fare la sua parte per sostenere la crescita dell'Italia». Una crescita che vedrà la casa torinese protagonista soprattutto in un territorio così difficile, dal punto di vista occupazionale. «Le parole sono ciò di cui meno abbiamo bisogno. Agli scettici, ai detrattori di professione, rispondiamo con i fatti. I fatti come quelli di oggi ci permettono di andare avanti e di costruire una Fiat in grado di andare nel mondo. Chi ancora dubita - continua Marchionne - che in questo stabilimento si possano fare le cose e farle bene. Chi ancora dubita che a Pomigliano e nel Mezzogiorno si possa essere competitivi, migliorando le cose buone e cancellando quelle negative, non ha che venire qui. Abbiamo investito qui più di 100 milioni, con intensi piani di formazione per i lavoratori. Questo non semplicemente per salvare il salvabile, ma come atto doveroso per un impianto che poteva e doveva crescere. Pomigliano si è trasformato in qualcosa di nuovo. Abbiamo scelto la strada più coraggiosa e impegnativa: portare qui la Nuova Panda. Abbiamo annunciato di volerlo fare il 22 dicembre del 2009. Ora siamo pronti». Ma sa benissimo Marchionne che questa è solo la prima tappa di un viaggio lungo e tortuoso. «Sappiamo che ci aspetta periodo difficile, far ripartire il paese non è solo compito della politica». Ed è anche per questo che l'ad Fiat annuncia che gli impegni finanziari del 2011 «saranno mantenuti e, per il 2012 c'è una buona possibilità di mantenere la forchetta»: dato riferito alle previsioni delle 5,9 milioni di vetture prodotte da Fiat entro il 2014. «Siamo incoraggiati - continua - dal fatto che il mercato sudamericano e quello americano continuano ad andare bene. Siamo fiduciosi che possano assorbire il rallentamento del mercato europeo». Insomma il futuro secondo Marchionne sarà duro ma allo stesso tempo roseo, convinto del fatto che l'Italia possa superare anche questa crisi. «Sì, sono convinto che l'Italia ce la farà a superare questo momento. Il mio atteggiamento potrà anche risultare antipatico, ma quello che conta sono i fatti, non le baggianate che si dicono in Tv. Abbiamo realizzato tutto con le nostre forze, non voglio essere nè ammirato nè commiserato, solo essere lasciato in pace. Non vogliamo assistenza, ma neanche essere ostacolati nel processo di risanamento. Non c'è nessuna azienda di auto al mondo che viene pressata come noi sui piani industriali. Non si fa in Germania, in Giappone, negli Stati Uniti e in Canada. Tutti gli stabilimenti - ha poi assicurato - avranno i loro investimenti. Quando? Quando l'azienda sarà pronta e quando ci saranno le condizioni di mercato». Un passaggio inevitabile del botta e risposta con la platea dei media è dedicato a Termini Imerese. S'incupisce, ma ammette di non aver avuto scelta. «Saluto volentieri e di cuore i lavoratori» dice dell'ex stabilimento del Lingotto di Termini Imerese. Dispiaciuto per aver dovuto lasciare lo stabilimento in provincia di Palermo. «Ma la decisione si è resa necessaria perché l'impianto era in perdita e continuava a perdere denaro. Abbiamo fatto tutto il possibile - spiega - ogni volta che mettevamo un euro di capitale, continuavano le perdite. Non era affatto possibile giustificare la nostra presenza lì. Era impossibile». Così come IRISBUS, la società di autobus che fa capo a Fiat Industrial e chiuderà a fine anno: «Non ha mai guadagnato una lira nella sua storia». Gira largo sull'ipotesi di un rientro di Fiat in Confindustria: «Non lo so, l'importante è aver raggiunto l'accordo con i sindacati». Quindi il capitolo Fiom e l'articolo 19. «Non voglio entrare nel merito della richiesta della Cgil di modificare l'articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori. Non è cosa nostra, noi facciamo auto. Abbiamo firmato un contratto portando a conclusione un accordo per il quale abbiamo lavorato molto per creare una realtà industriale valida nel Paese: un grandissimo passo avanti su cui costruire il futuro. Alcuni si sono rifutati di partecipare, non è nostra responsabilità, non è una nostra scelta. Pomigliano è il primo esempio dell'impegno che Fiat sta portando avanti. Dateci tempo e lasciateci lavorare. Fate gestire le auto a Fiat, è un mercato estremamente competitivo». Uno stabilimento che secondo Marchionne è l'eccellenza della produzione automobilistica italiana. «Conosco bene tutti i nostri stabilimenti e a oggi quello di Pomigliano è il migliore stabilimento del gruppo Fiat al mondo». Una perla tecnologica che rispetterà anche i piani occupazionali. «Finora abbiamo riassunto 600 persone. L'impegno che abbiamo preso è di impiegare il massimo numero di persone necessario per la capacità produttiva di questo stabilimento che è di 1.050 auto al giorno. Le assumeremo, le porteremo dentro fino a quando arriveremo a questi volumi di produzione. Più di questo non possiamo fare». Nell'accordo raggiunto con i sindacati sono previsti 4.367 dipendenti entro luglio 2013, ai quali vanno aggiunti 500 dell'ex Ergom. In chiusura una battuta sul dossier-Russia che Marchionne liquida con un «Spero di avere novità entro la fine dell'anno: ci stiamo lavorando».