Ue, sì all'unione fiscale. Londra dice no
Gli Usa: segnali positivi ma non basta
Il Consiglio europeo chiude la maratona notturna per salvare l'euro con un accordo a due velocità. I leader dell'Ue hanno concordato regole più severe di bilancio per la zona euro, ma non sono riusciti a garantire un accordo per riformare i trattati dell'Unione, il che vuol dire che la novità coinvolgerà solo gli Stati dell'eurozona e quelli che vorranno aderire su base volontaria. I mercati, comunque, hanno apprezzato. Alla fine Piazza Affari chiude a +3,37%. Bene anche le altre principali piazze europee: Parigi +2,34%, Francoforte +1,91%, Londra +0,88%. Ai listini sono piaciuti, in particolare, i maggiori aiuti che verranno destinati al fondo di salvataggio e le più rigide regole di bilancio previste per i Paesi dell'euro. Si allentano anche gli spread dei Btp decennali, che scivolano fino a 421 punti base. In calo anche il rendimento del quinquennale (6,87%) e quello del biennale (6,16%). La nuova intesa per rafforzare la disciplina di bilancio nella zona euro, sarà adottata dunque solo da 17 membri e nove Paesi su base volontaria (in tutto 26). «Avremmo preferito un accordo a 27, ma questo non è stato possibile a causa della posizione dei nostri amici britannici», ha puntato l'indice il presidente francese Nicolas sarkozy, al termine della maratona notturna. «Sarà un trattato intergovernativo a 17, aperto agli altri», ha aggiunto. Gran Bretagna e Ungheria, infatti, hanno detto chiaramente di non voler firmare il trattato, Repubblica Ceca e Svezia dovranno invece attendere il via libera dei rispettivi parlamenti e partner di governo. Il premier britannico David Cameron ha giustificato la sua scelta definendola «dura ma positiva per gli interessi del Paese» e ha spiegato: «Considerato che non abbiamo ottenuto garanzie, è meglio essere rimasti fuori». Più diplomatico il commento della cancelliera Angela Merkel, secondo la quale con l'accordo raggiunto «l'euro riconquisterà credibilità. Ho sempre detto che i 17 Stati della zona euro devono riconquistare credibilità e penso che questo possa accadere, accadrà, con la decisione di oggi». Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha definito la decisione un passo in avanti verso una «fiscalità compatta, che - ha aggiunto - se la zona euro vuole emergere più forte da due anni di turbolenze. Siamo arrivati a conclusioni che dovranno concretizzarsi meglio nei prossimi giorni». Merkel e Sarkozy avrebbero voluto che l'intera Ue accettasse di cambiare il trattato di Lisbona, così da obbligare a più strette regole di bilancio gli Stati dell'eurozona, ma la Gran Bretagna ha rifiutato di aderire. Il testo dell'accordo intergovernativo dovrà essere redatto entro marzo. I leader hanno trovato l'intesa su una serie di misure immediate con le quali si spera di calmare la crisi del debito sovrano nella zona euro e si sono accordati nell'accelerare di un anno l'entrata in vigore del fondo si salvataggio permanente (luglio 2012) dotando l'Fmi di 200 miliardi per aiutare i Paesi in crisi; hanno anche deciso di rafforzare i due fondi di salvataggio e mantenerli in parallelo fino alla metà del 2013, con l'idea di creare una sorta di «firewall» che freni il contagio e possa salvare, se necessario, le economie più grandi. L'Esm, il Fondo permanente, porterà in dote 500 miliardi, ma non avrà una licenza bancaria come chiedeva la Francia. Tra le novità maggiori, il fatto che la Bce agirà per conto del Fondo salva Stati. In futuro, il coinvolgimento dei privati nel Fondo salva Stati verrà introdotto sulla base delle regole pratiche dell'Fmi. L'intesa sulla disciplina di bilancio stabilisce inoltre la 'regola aureà per cui i Paesi non potranno avere un deficit strutturale annuo superiore al 0,5% del Pil, limite che dovrà essere introdotto nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti. Ma il nodo è arrivato quando si è trattato di stabilire un quadro legale all'accordo. «Per accettare la riforma dei trattati a 27, David Cameron ci ha chiesto un protocollo nel trattato che avrebbe permesso di esonerare il Regno Unito da un certo numero di norme sui servizi finanziari», ha sintetizzato Sarkozy, ricordando però che parte dei problemi economici attuali «derivano proprio dalla deregulation dei servizi finanziari». Secondo fonti comunitarie, Cameron aveva presentato un allegato con otto condizioni che privilegiavano in sostanza le regole finanziarie della City, il principale mercato finanziario mondiale, e che lo avrebbe messo al riparo anche da un eventuale referendum nazionale da parte degli euro-scettici. Nonostante la forte spaccatura con i britannici, Merkel ha detto che la riunione è arrivata «a un risultato molto buono». Quanto agli eurobond, sebbene non c'è stato un accordo perchè rimane l'opposizione di Germania e Olanda, si è stabilito che i presidenti del Consiglio europeo, della Commissione e dell'Eurogruppo elaborino un rapporto per il vertice di giugno del 2012. Per quella data, ha detto il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, «speriamo che le acque si siano calmate e il clima sia più tranquillo». Monti e il vertice. Ha premesso di essersi "accalorato, la qual cosa capita raramente". Mario Monti non ha negato che nella due giorni di Bruxelles per salvare l'euro ci siano stati momenti di divisione molto forti. Nella delegazione si riferisce che "il bicchiere è mezzo pieno", ma lo stesso Professore, tirando le somme, parla di "un risultato buono ma non ottimo, il vertice non è stato certo un fallimento". Siamo - in ogni caso ha spiegato il Professore a un ministro al suo ritorno in Italia - riusciti a passare l'esame, le nostre misure sono state apprezzate. Per noi non c'è un grammo di un onere in più e questo risultato non era affatto scontato. Roma, in realtà, non è riuscita a portare a casa tutti gli obiettivi prefissati, soprattutto sul tema della crescita. In un momento economico del genere non e' stato possibile fare un discorso di prospettiva. Monti ha insistito sulla necessità di rafforzare il mercato interno e ha cercato di mediare tra la Gran Bretagna da una parte e Francia e Germania che volevano cambiare tutto, le istituzioni comunitarie che non volevano cambiare nulla e l'isolamento della Gran Bretagna. Del resto anche il premier, quando ha sottolineato in conferenza stampa che l'Italia è da poco diventata credibile in Ue e che il processo è lento, ha fatto intendere che non ci si poteva aspettare che la situazione cambiasse in cosi' poco tempo. In ogni caso il presidente del Consiglio si è battuto. Soprattutto sugli eurobond, considerati "un tabu'" da parte della Germania e "uno strumento per far avanzare il mercato unico" per l'Italia. Si è scontrato inoltre per datare il Fondo salva-stati di una potenza di fuoco da 500 miliardi e ha insistito, appunto, sul fattore della crescita. Duro anche con Londra: "Avrei preferito un'impostazione totalmente comunitaria. Dispiace la loro autoesclusione. Se non si fosse un po' sdegnosamente appartata conterebbe di più ed avrebbe esercitato una maggiore spinta sui 27 Paesi". Con l'arma dell'ironia Monti non ha lesinato giudizi neanche su Sarkozy: "Non so quanto il presidente francese fosse ansioso di tenere il Regno Unito a bordo a tutti i costi e se lo era non c'è riuscito", ha sottolineato, poi come è noto - ha osservato ancora con una battuta - ha una personalita' non fatta di "nuances" e quindi immagino che nell'esprimere insoddisfazione o soddisfazione ci sia molto da imparare da lui?". Toni pacati, ma concetti chiari, sfoderati ricorrendo anche a metafore colorite. "Io ero un parvenu in questo circolo, ma mi e' sembrato un ambiente di persone perbene?". Ed ancora: per l'emissione in comune dei titoli pubblici "era stata preparata una tomba senza fiori", è "un'idea che qualche Paese avrebbe voluto sopprimere nella culla". Il presidente del Consiglio, verosimilmente stuzzicato dai partner europei, ha voluto anche sfatare un vecchio luogo comune: "L'Italia - ha puntualizzato - non è un Paese che non ama la disciplina di un bilancio pubblico. Mai dirò in Italia che dobbiamo fare sacrifici perché ce li chiede l'Europa". Del resto è il comportamento italiano ad essere sotto i riflettori di Bruxelles. Monti ha riferito che le misure sono state apprezzate dagli alleati e ha difeso a spada tratta il provvedimento. Ma ha voluto lanciare un messaggio chiaro soprattutto ad uso interno: "Nella nostra manovra non solo non si può toccare il saldo, ma ci sono anche aspetti di strutturalità e di equa ripartizione dei carichi di cui tenere conto". Di più il Professore non ha concesso, limitandosi a spiegare che ci "sara' una valutazione sintetica" delle proposte dei partiti. Ma alle forze politiche che fino a qualche settimana fa hanno dato vita "a una conflittualità esasperata" manda a dire che non ci sono spazi di manovra e andranno trovati anche i fondi previsti nel pacchetto pensioni, dopo l'accordo sulle indicizzazioni in Parlamento. Il premier non ha nascosto di essere preoccupato per le tensioni sociali, ribadendo che terrà conto delle proteste. Ma Monti non sembra lasciare aperture a modifiche, nonostante sottolinei la consapevolezza dell'impegno chiesto agli italiani, "perché si tratta di sacrifici importanti, in qualche caso penosi da fare e penosi anche per chi chiede che vengano fatti". "Ma - questo il ragionamento del Professore - la manovra non è una nostra perversione, è una situazione per cui è necessario fare uno scatto in questa direzione". Anche a Bruxelles Monti ha ripetuto che "l'alternativa era il disastro", proprio a causa della precarietà della finanza pubblica italiana. Emerge infine anche il lato umano del Professore: per Natale agli italiani "vorrei regalare serenità e speranza", gli effetti della manovra - ha detto - "non si vedranno tra un secolo, ma ci vuole comunque un po' di tempo", presto "gli italiani capiranno che queste misure porteranno ad una vita migliore", si tratta di una "dose d'urto che funzionerà". E in cambio cosa vuole il Professore dagli italiani? "Niente", ha risposto d'istinto il capo dell'esecutivo. Per poi aggiungere: "Vorrei una cosa che, però, non dipende da me: la comprensione dei miei cittadini".