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Ue, sì all'unione fiscale. Londra dice no Gli Usa: segnali positivi ma non basta

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Il cancelliere Angela Merkel (S) e il Primo ministro David Cameron

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L'Europa trova un accordo sull'Unione fiscale e di bilancio, ma si spacca. La Gran Bretagna resta fuori e si va verso una stretta sui bilanci per salvare l'euro, a cui dovrebbero aderire i 17 paesi dell'Eurozona, più altri sei o, forse, addirittura nove paesi europei. Praticamente tutti meno Londra. Dopo una maratona durata 11 ore, questa mattina e' arrivato l'annuncio di un'intesa a due velocità. Dicono sì i 17 Paesi euro, più Lituania, Lettonia, Polonia, Bulgaria, Romania e Danimarca. Londra dice no, l'Ungheria la imita e poi ci ripensa e Svezia e Repubblica Ceca dovranno consultare i rispettivi Parlamenti. L'accordo è intergovernativo L'intesa è ome quella di Schengen, e dunque non avrà la forza di un trattato. Oggi i leader europei vanno avanti ad oltranza per definire gli ultimi ritocchi dell'unione. I mercati all'inizio reagiscono male di fronte alla spaccatura europea, ma successivamente si riprendono. In rally le Borse, con Milano e Parigi in rialzo di oltre il 2%, galvanizzate dalla voce che anche la Cina si appresta a creare un fondo da 300 miliardi di dollari per investire in Europa e negli Usa. Lo spread tra Btp e Bund ora è sotto i 450 punti. Il cuore dell'intesa di Bruxelles è la nuova, più rigorosa unificazione di bilancio, in base alla quale, nel caso di sforamento del vincolo del 3% del deficit sul Pil, scatteranno "sanzioni automatiche" contro il paese che viola le regole. Una decisione simile potrebbe essere evitata solo in presenza della contrarietà della "maggioranza qualificata di Stati membri della zona euro". L'intesa sulla disciplina di bilancio stabilisce inoltre la "regola aurea" per cui i Paesi non potranno avere un deficit strutturale annuo superiore al 0,5% del Pil, limite che dovrà essere introdotto nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti. I leader si sono poi accordati nell'accelerare di un anno l'entrata in vigore del fondo si salvataggio permanente (luglio 2012) e dotare l'Fmi di 200 miliardi di euro per aiutare i Paesi in crisi; hanno anche deciso di rafforzare i due fondi di salvataggio e mantenerli in parallelo fino alla metà del 2013, con l'idea di creare una sorta di "firewall" che freni il contagio e possa salvare, se necessario, le economie più grandi. L'Esm, il Fondo permanente, porterà in dote 500 miliardi di euro, e probabilmente non avrà una licenza bancaria come chiedeva la Francia. Tra le novità maggiori, il fatto che la Bce agirà per conto del Fondo salva Stati al fine di indirizzarlo e che in futuro, il coinvolgimento dei privati nel Fondo salva Stati verrà introdotto sulla base delle regole pratiche dell'Fmi.  Monti: ora l'Italia è più credibile "L'Italia avrebbe preferito un accordo a 27". Così il presidente del Consiglio che aggiunge: "Mi sono dedicato parecchio per una mediazione fra Gran Bretagna ed eurozona, ma questo non è stato possibile". "Non fatevi trarre in inganno dal fatto che gli eurobond non figurino nella statmente - spiega Monti - Questo non significa che il lavoro non vada avanti. Alcuni stati membri volevano dichiarare soppressa nella culla l'idea stessa, ma poi ha prevalso il convincimento che questo sarebbe incoerente per chi dichiara di volere fare passi verso l'unione fiscale. Io mi sono battuto in questo senso". La posizione degli Stati Uniti. La Casa Bianca ha oggi affermato che dal vertice europeo di Bruxelles emergono "i segni di progresso" sulla strada della soluzione della crisi, ma "ne servono altri". "Ci sono segni di progresso e questo è una buona cosa, ma ovviamente ne servono altri", ha affermato il portavoce della Casa Bianca Jay Carney.

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