Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Pronti al sacrificio e stanchi dei furbetti

Esplora:
Un momento di una manifestazione

  • a
  • a
  • a

Disposti al sacrificio, ma non più a fare sconti ai furbetti. L'ultimo rapporto annuale del Censis - presentato ieri mattina al Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) - disegna così gli italiani: immersi in una tempesta economica che rende il Paese «fragile e isolato» ma con la voglia di uscire dalla crisi. Un milione di posti di lavoro persi in 4 anni, le famiglie che hanno dovuto intaccare i risparmi di una vita (resiste il «mattone»). E la sfiducia che cresce: nelle istituzioni, prima di tutto, ma anche nei confronti dell'informazione, visto che internet viene giudicato più affidabile dei telegiornali. È un Paese che sta cambiando volto, suo malgrado, ma che forse sta ritrovando quelli che una volta venivano considerati principi fondamentali: i valori. Niente più spazio ai furbetti e a chi viola le regole: l'81% - tanto per fornire un dato - condanna duramente l'evasione fiscale. E di contro viene chiesto alla classe politica in caduta libera (solo un italiano su quattro dichiara di avere fiducia nelle istituzioni) di recuperare autorevolezza; specchiata onestà sia in pubblico sia in privato (59%), preparazione (43%), saggezza e consapevolezza (42,5%) sono caratteristiche obbligatorie. Italiani brava gente, dunque. Disponibili a sacrificarsi (57,3%) nonostante tutto per l'interesse generale del Paese. Ma anche sul concetto di «italiani» c'è da riflettere: solo il 46% degli intervistati si sente «italiano», legato cioè allo spirito della nazione. Sono tutte facce dello stesso prisma, che vede sentimenti contrastanti oscillare tra speranza e delusione, impegno e rabbia. Tutto ciò genera «germi di tensione e di conflitto» che « potrebbero essere incubati nel prossimo futuro» per «la generale tendenza all'aumento delle disuguaglianze» e per «processi che creano emarginazione più o meno reale». C'è molto da lavorare. I nostri antichi punti di forza non riescono più a funzionare, dice l'Istituto, che avverte: è «illusorio» pensare che i poteri finanziari disegnino sviluppo, perché lo sviluppo «si fa con energie, mobilitazioni, convergenze collettive». È quella dunque, secondo il Censis, la direzione da seguire. In un quadro economico stagnante, le esportazioni sono una delle poche variabili in crescita: +15% nel 2010 e +16% nel primo semestre del 2011; molti comparti del made in Italy possono fungere da puntello attraverso cui evitare un ulteriore scivolamento dell'economia nazionale. «Il commercio estero - afferma il Censis - può e deve rappresentare il volano della ripresa».   Importanti i numeri relativi all'occupazione: «Investita in pieno dalla crisi, ma non esente da responsabilità proprie, la generazione degli under 30 - si legge nel Rapporto Censis - sembra incapace di trovare dentro di sé la forza di reagire. La percentuale di giovani che decidono di restare al di fuori sia del mondo del lavoro che di quello della formazione è in Italia notevolmente più alta rispetto alla media europea: se da noi l'11,2% dei giovani di età compresa tra 15 e 24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato a lavorare o studiare, la media dei 27 Paesi dell'Ue è pari rispettivamente al 3,4% e all'8,5%. Di contro, risulta da noi decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano, pari al 20,5% tra i 15-24enni (la media Ue è del 34,1%) e al 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%)». Tutto nero, dunque? Non proprio. In realtà siamo uno dei Paesi al mondo dove è più forte lo scarto tra quello che all'estero si pensa di noi e la reputazione che noi stessi ci attribuiamo, che si colloca in alto per quanto concerne indicatori come lo stile di vita, l'ambiente, la relazionalità.

Dai blog