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Termini Imerese chiude per sempre Si aspetta Dr Motor

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LaFiat da ieri sera non assembla più auto a Termini Imerese. Da oggi i 1.536 lavoratori del Lingotto e gli altri 700 delle ditte dell'indotto saranno in cassa integrazione fino al 31 dicembre. Per quella data il Lingotto avrà già svuotato le linee e abbandonato la Sicilia. L'incubo della chiusura, che per tanti anni ha tenuto col fiato sospeso gli operai, è ormai diventato realtà. La sirena di ieri sera alle 22 ha segnalato il fine turno che ha messo fine a una storia lunga 41 anni, segnata dal boom della Cinquecento e della Panda ma anche da grandi battaglie sindacali, a volte aspre. La speranza, in questo momento, si chiama Dr Motor. La trattativa con l'azienda dell'imprenditore Massimo Di Risio è ancora aperta e per chiuderla i sindacati hanno chiesto a Fiat di applicare le stesse regole adottate per gli altri stabilimento del gruppo: concedere gli incentivi per accompagnare alla pensione i lavoratori, nel caso di Termini Imerese 700 persone. Uno scoglio che rischia di far saltare tutto. Ma questo è il domani. Ieri, la mente di tutti gli operai era rivolta all'ultimo giorno di lavoro in Fiat. Nei volti scuri e nelle voci tremanti dei lavoratori, anziani e giovani, c'era il timbro di una giornata vissuta al culmine delle emozioni. Disperazione, rabbia, gioia per i ricordi più belli e tristezza per dover abbandonare la fabbrica, una seconda casa per i più «vecchi». C'è tanta rabbia per come sono andate le cose: proprio per questo motivo da stasera gruppi di operai faranno i picchetti davanti la fabbrica per impedire l'uscita degli autoarticolati con le nuove vetture; la protesta dovrebbe andare avanti fino al 30 novembre, giorno in cui è prevista una nuova riunione al ministero dello Sviluppo per tentare di chiudere l'accordo con la Fiat e la Dr Motor, che in base agli impegni assunti, quando sarà a regime, cioè nel 2016, assorbirà 1.312 persone. Il pensiero, però, è sempre rivolto a Fiat. «Ci hanno trattato come i cani - afferma un operaio -. Non avrei mai immaginato che sarebbe finita così». La frustrazione è forte, tant'è che dal palco allestito per l'assemblea c'è chi si è spinto oltre: «Mi auguro che domani o comunque un giorno, Marchionne provi il dolore nel cuore che gli operai stanno vivendo oggi». Perché «noi siamo semplici operai, ma c'è una giustizia divina» è la considerazione di Antonio, che si porta le mani ai capelli mentre la sbarra, all'ingresso della fabbrica, si chiude,

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