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Termini Imerese chiude dopo 41 anni

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Operai della Fiat mostrano un cartello durante l'assemblea, Termini Imerese (Palermo)

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Dopo 41 anni la Fiat lascia la Sicilia. Oggi è infatti l'ultimo giorno di vita dello stabilimento di Termini Imerese. Da domani, nell'impianto palermitano non saranno più prodotte auto targate Fiat e per gli operai scatterà la cassa integrazione fino al 31 dicembre. La decisione è stata presa da tempo. Una soluzione alternativa per ricollocare i lavoratori di Termini è stata ipotizzata, ma l'accordo ancora non c'è. Fiom, Fim e Uilm propongono un picchettaggio per impedire l'uscita delle auto già assemblate fino a quando non sarà firmato l'accordo per il futuro dello stabilimento. Assemblee e picchetti: operai disperati Le trattative al ministero dello Sviluppo economico stanno andando avanti e mercoledì 30 le parti (Fiat, Dr Motor e sindacati) tenteranno di chiudere la partita per dare inizio alla fase di riconversione industriale. Il nodo da sciogliere resta quello degli incentivi a carico di Fiat per la mobilità. L'ultimo giorno di Termini è caratterizzato dalle assemblee dei lavoratori. Sindacati e tute blu hanno proposto un picchettaggio della fabbrica per impedire l'uscita delle auto già assemblate, almeno fino a quando non sarà firmato l'intesa al ministero.  "La chiusura dello stabilimento prefigura un futuro nero". È preoccupato Giuseppe Sciolino, operaio, 41 anni, che lavora alla Lear, ditta dell'indotto Fiat di Termini Imerese, che si occupa di montaggio dei sedili della Lancia Ypsilon. "Per noi e le nostre famiglie, ho due figli di 10 e 7 anni, è un problema - dice - sono convinto che non ci sono prospettive". Dopo 41 anni la Fiat chiude i battenti, è l'ultimo giorno di lavoro per i 1.600 lavoratori dello stabilimento siciliano del Lingotto: dalle 22 saranno in cassa integrazione. I volti degli operai sono cupi, fisicamente si trovano davanti al palco, montato nel piazzale davanti ai cancelli della fabbrica, dove si sono alternati gli interventi dei segretari nazionali di Fim, Fiom e Uilm, ma con la mente sembrano altrove. "È un boccone amaro - dice Giuseppe Spisi da 34 anni in catena di montaggio -. Sono arrivato qui senza voglia di lavorare, senza entusiasmo, giusto per dovere". "Non ho aspettative, chi mi assume a 57 anni?. Dicono che forse è prevista un'altra giornata di lavoro, ma che senso ha?". "Non vedo un futuro - prosegue l'operaio - non so nemmeno se mi sarà concessa la mobilità, la situazione è grave e la crisi che stiamo attraversando non lascia intravedere nulla di buono". Pure Salvatore Gulotta è in Fiat da 34 anni, anche suo figlio lavora in fabbrica. "La situazione è questa, sapevamo che questo momento sarebbe arrivato. È triste. Sono preoccupato per me e per la mia famiglia". "Ho un figlio disoccupato, l'altro lavora anche lui in Fiat - continua - sarà un Natale triste per noi. La vertenza è ancora aperta, ma io non ho prospettive: o cassa integrazione o mobilità". Il ministro: le imprese non lascino il Paese Il ministero del Welfare, Elsa Fornero, ha detto che il Governo sta seguendo con "molta attenzione il caso Fiat" e si è dichiarato "disponibile, nel pieno rispetto dell'autonomia della parti, a offrire il contributo costruttivo del Governo alla soluzione della vicenda". Fornero ha sottolineato che in questa vicenda "la parte più debole è costituita dai lavoratori" e ha sollecitato le grandi imprese come la Fiat a "non abbandonare il paese".  

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