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Ma ai mercati non basta la promessa

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Ai mercati non basta la parola. Ieri la temuta asta di Btp a cinque anni ha avuto sì successo, con l'offerta massima (3 miliardi) ampiamente coperta, ma ad un rendimento del 6,29 per cento: come non si vedeva dal 1997; in aumento di 97 punti rispetto all'asta precedente del 13 ottobre. Come conseguenza lo spread tra Btp decennali e Bund, che aveva aperto a 452, si è riportato a 500. Insomma, niente fuochi artificiali per il primo giorno di Mario Monti da premier incaricato, sebbene non ancora in sella. Fonti ufficiose di Bankitalia vedono la parte mezza piena del bicchiere: le richieste da specialisti esteri, dicono, sono aumentate; mentre sul grey market quei titoli scontavano alla vigilia un rendimento ancora più salato. Siamo in grado di precisare di che cosa si sta parlando. Il Tesoro e Via Nazionale erano in fibrillazione già da venerdì. Occorreva predisporre una rete di sicurezza intorno a questo collocamento cruciale, non soltanto come regalo a Mario Monti, ma per dimostrare che dopo il tremendo 9 novembre la svolta politica coincideva con quella dei mercati, e viceversa. Venivano allertati e contattati uno ad uno 25 cosiddetti primary dealers, specialisti di collocamenti di obbligazioni, per oltre metà stranieri. Da parte dei quali la richiesta di cedola era però del 6,45-6,50. Quindi la Banca d'Italia certo non mente. Il problema, però, è un altro. Gli specialisti sanno che ormai il mercato internazionale dei titoli pubblici non è fatto da investitori e cassettisti – cittadini e fondi previdenziali – che si mettono in fila per prenotare le obbligazioni, portarle a scadenza o tenerle più o meno a lungo. I dealers comprano e immediatamente rivendono sul mercato secondario: spesso dietro garanzia di trovare acquirenti proprio in Bankitalia e dintorni. Oltre che nel Securities market program della Banca centrale europea. È il contrario di quanto accadeva fino a poco tempo fa: i titoli ad alto rendimento acquistati in asta dai dealers professionali venivano ricollocati sul mercato secondario con un buon margine di guadagno. Ora vengono rivenduti con una perdita sul capitale pagata dall'acquirente di seconda istanza. Senza tutti questi paracadute le aste avrebbero esiti ben più drammatici: il solo intervento della Bce, secondo stime del Tesoro, varrebbe circa 80 punti di spread in meno.   Questa dinamica fa sì che il nostro debito sia ancora per oltre la metà (il 53,8 per cento) in mani italiane, e quindi potenzialmente meno esposto ai mercati; ma potenzialmente sempre più prigioniero di un vincolo politico. Facciamo parlare i numeri. Secondo le ultime stime della giapponese Mizuho Bank, tra il 2010 ed il 2012 le famiglie hanno aumentato o aumenteranno l'esposizione in titoli di stato di 170 miliardi, certo attratte dagli alti rendimenti. Di altri 40 miliardi sarà l'impegno di fondi e assicurazioni e di 10 delle imprese non finanziarie. Al tempo stesso le banche straniere vendono per 150 miliardi, e per ben 250 fondi e istituti privati esteri. È dunque in corso una rotazione in uscita di 400 miliardi di titoli a fronte di una in entrata di 220: mancano all'appello 180 miliardi, che sono quelli acquistati o acquistabili dalla Bce. Quattrocento miliardi sono poco meno di un quarto del debito pubblico totale: dunque cifre enormi, in grado di influenzare sia i nostri risparmi ed il nostro standard di vita, sia le scelte di politica economica e sociale che Mario Monti dovrà affrontare. Ma non è tutto. Il momento della verità sarà il 2012, «l'anno del record dei record» come dicono in questi giorni i traders. L'Italia vedrà titoli in scadenza per 293 miliardi e cedole per 55. In totale, 346 miliardi; di cui solo 122 saranno Btp – gli unici che la Bce è autorizzata a comprare – mentre i Bot saranno 110 miliardi ed il resto Cct e Ctz. È vero, come ha spiegato la Banca d'Italia nel recente rapporto sulla Stabilità finanziaria, che il nostro debito è ampiamente sostenibile non solo per il grande risparmio delle famiglie, ma anche per l'avanzo primario (il deficit al netto degli interessi) fissato dal governo Berlusconi. Avanzo che dovrebbe ammontare il prossimo anno a 46,5 miliardi. Tutto ciò però a tassi accettabili. «Perché – nota uno strategist di Rbs – rendimenti del sei, sette o anche otto per cento sono sostenibili per breve tempo da un debito che, con oltre sette anni, è il secondo per durata del mondo dopo quello inglese. Ma nel 2012 questo debito verrà rinnovato per il 15 per cento e se le cose continuassero così non si potrà più parlare si cicatrici ricucibili». Senza contare che l'avanzo primario dovrebbe essere destinato ad abbattere il debito, non a pagare gli interessi. Superato il 2012, la situazione delle scadenze sarà in discesa: 150 miliardi nel 2013, 115 nel 2014, fino al minimo di 58 miliardi da rinnovare nel 2018. Un quarto di quanto l'Italia ha dovuto fare quest'anno, meno di un quinto di ciò che l'aspetta l'anno prossimo. Se spread e rendimenti non si abbassano al più presto, le conseguenze saranno due. La prima: nei portafogli dei risparmiatori, dei fondi e delle imprese, si ridurranno i valori nominali di Btp e Bot. E quindi, a meno di non attendere le scadenze, lo stesso ammontare del patrimonio. La seconda conseguenza la prefigura ancora la Royal bank of Scotland (che conosce bene queste crisi, avendo fatto ricorso due anni fa all'aiuto pubblico del governo di Londra): «L'Italia dovrebbe ricorrere alla linea di credito del Fondo monetario, che ha disponibili 44 miliardi di euro. Oppure al fondo salva-stati, come già Grecia, Irlanda e Portogallo». In entrambi i casi cederemmo altre quote di sovranità; nel secondo sarebbe come avere in casa personalmente Angela Merkel e Nicola Sarkozy, o chi per lui dopo le presidenziali francesi. Tutto ciò è scritto e sottolineato nell'agenda di Monti. Ed è anche a questa situazione che il Quirinale fa riferimento nei suoi continui appelli all'urgenza. Una brutta faccenda, ma alla quale si può ancora rimediare con le nostre forze. La giornata di ieri, però, ha dimostrato che il bravo Monti da solo non basta, al di là dei ritratti fin troppo agiografici di questi giorni. Serve un appoggio convinto di tutti; come ha scritto Mario Sechi, un impegno politico, non solo tecnico. Mettendo tra parentesi gelosie, mandati a orologeria, e manifestazioni di odio tribale. Ne va dei nostri risparmi: i capipartito lo sanno?

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