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C'è la crisi finanziaria e la politica balbetta

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L'Europa è in difficoltà, il mondo è in difficolta ma la politica internazionale balbetta vittima com'è della paura di un tracollo finanziario catastrofico e di un grande depistaggio. La paura nasce dal rischio di un effetto domino di una crisi che partendo da un Paese, ad esempio, la Grecia si possa trasferire sul sistema bancario europeo che a sua volta vendendo titoli del debito pubblico italiani e spagnoli, travolgerebbe anche Spagna e Italia e così via di questo passo. Dinanzi a questo legittimo terrore si attiva un grande depistaggio dei governi europei da parte dei responsabili delle banche centrali e dei santuari della finanza internazionale. Il dibattito in Europa ha infatti in questi giorni come temi principali il risanamento dei conti pubblici, la crescita dei Paesi del Vecchio continente, il fondo salva stati e la ricapitalizzazione del sistema bancario. La crescita è lo strumento principale per risanare le finanze pubbliche, accompagnata naturalmente, da una politica di bilancio rigorosa. Il fondo salva stati portato oggi a 1000 miliardi di euro, è lo strumento emergenziale per bloccare sul nascere quel pericoloso effetto domino che abbiamo descritto. Infine la ricapitalizzazione delle banche è l'altro essenziale strumento per evitare che l'effetto domino parta dalla illiquidità del sistema finanziario piuttosto che dai debiti sovrani. Uno strumento, quest'ultimo, che prevede per l'appunto una ricapitalizzazione delle banche a carico dei rispettivi azionisti o dei singoli stati nazionali o dell'Europa. Non dovrebbe sfuggire a nessuno che la ricapitalizzazione delle banche e il fondo salva stati sono gli strumenti emergenziali per contenere gli effetti devastanti di una crisi che è tutta finanziaria e che affonda le radici nell'economia del debito privato più che in quello pubblico. Un'economia del debito nata per sostenere la domanda interna degli Usa e consentire ad essi una crescita drogata e continua a tassi elevati con la complicità di una politica monetaria espansiva della Federal reserve ha inondato l'America e il mondo di ingente liquidità. Attenti, però. L'economia del debito non è stata inizialmente una necessità pubblica di uno Stato in difficoltà per via di un ciclo economico internazionale negativo quanto piuttosto una nuova filosofia economica della crescita che preparava una rigogliosa prateria dove potesse pascolare a suo piacimento una finanza deregolamentata. Una finanza avida e rapinatrice (i titoli finanziari in circolazione hanno un valore otto volte maggiore del Pil mondiale) in questi quattro lustri è diventata un'industria del danaro sempre più lontana dalle esigenze di quell'economia reale che produce beni e servizi e che diffonde benessere tra le popolazioni del mondo. I mercati finanziari, insomma, come diciamo inascoltati da anni, sono diventati delle vere e proprie sale corse dove si scommette su tutto (i famosi futures), realizzando giganteschi profitti. C'è una differenza, però, con le sale corse. Nei mercati chi scommette è lo stesso che può decidere il cavallo che vince. Un esempio. La Deutsche - Bank che vende otto miliardi di euro di titoli di stato italiani ne butta giù in un giorno il loro valore. Dopo che anche altre banche, impaurite da un improbabile rischio di insolvenza dell'Italia, avranno fatto altrettanto la Deutsche - Bank ricomprerà a prezzi più bassi e a rendimenti più alti quei titoli venduti il cui valore risalirà grazie agli interventi pubblici. Questo però è poca cosa dinanzi a veri e propri atti delinquenziali come le vendite allo scoperto (si vendono titoli che non si hanno per abbassarne il prezzo e ricomprarli subito dopo) e le scommesse sulle materie prime (petrolio, grano, zucchero, caffè e altro ancora). Questa finanza creativa inoltre si è appropriata del debito delle famiglie americane e lo ha impacchettato nei famosi derivati vendendoli al mondo intero e intossicandone i sistemi bancari. Ci fermiamo qui per dire che il nodo vero della crisi economica internazionale è figlia della crisi del sistema finanziario che, aiutata da un'economia del debito privato e favorito da una sciagurata deregolamentazione dei mercati ha consentito a poche "corporation" di scommettere su tutto per drenare ingenti ricchezze dal mondo produttivo impoverendo così interi Paesi e il ceto medio dei Paesi occidentali. Dinanzi a questo sfascio non una sola parola né dell'Italia, né dell'Europa. Un tema che invece dovrebbe essere prioritario, cioè quello di una diversa e più forte disciplina dei mercati finanziari per consentire, che in un mondo globalizzato, la finanza torni ad essere supporto dell'economia reale. Come nessuno ne ha discusso sinora a Bruxelles nessuno probabilmente né discuterà a Cannes nel prossimo G20 e così i prossimi cortei degli indignados diventeranno rapidamente, e giustamente, folle inferocite contro una politica che ha tradito se stessa.

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