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L'Europa burocrate ci penalizza

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Anchea sproposito. L'Unione Europea nata gradualmente, dopo la guerra, ha raggiunto lo Zenit con la creazione della moneta unica. Finora il merito dell'euro oltre ad abbassare il costo del denaro è stato quello di evitare, quando si viaggia in Europa, il cambio della valuta. Non solo non c'è stata unione politica e fiscale ma è aumentata la differenza dei tassi da applicare ai debiti sovrani. L'euro in quanto mercato unico avrebbe dovuto favorire la convergenza di interessi divenuti invece ancor più divergenti. La Grecia è in default, ha truccato i conti, e gli interessi pagati sul debito sono stati eccessivamente maggiori rispetto a quelli tedeschi e francesi. Perché? Perché un credito più rischioso sconta condizioni di interessi più alti. Ma grazie all'euro l'Europa dovrebbe essere una sorta di holding che risponde dei debiti delle partecipate. Quale motivazione sulle condizioni di tasso diverse? Giro alla Signora Merkel, Cancelliere della Germania, questa domanda. In questi giorni si sta discutendo sulla nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC) che stabilisce come dividere, tra gli stati membri, le provvidenze. Le discussioni sono accese e molto animate per gli interessi che sono in gioco, e l'Italia che obiettivamente ha ragione da vendere, ne potrebbe risultare fortemente danneggiata. Quindi meno quattrini nelle casse del paese. L'Italia è in questo settore in una posizione di forza, ha una coltivazione intensiva, produce, con valore aggiunto, frutti della terra di qualità con ritorni benefici per la salute e che contribuiscono a sfamare le tante bocche che nel mondo hanno fame. Quale è il dibattito europeo? Le provvidenze si vorrebbero dare su base della superficie e non della produzione. Chi ha un prato esteso, prende di più di chi produce e si spacca la schiena. Francia e Germania hanno spazi. Noi produciamo e lavoriamo. E si prende di più chi di agricolo ha ben poco perché una vigna non è un prato. Alla faccia della Europa sempre meno unita e più ottusamente burocrate.

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