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Il Fondo non basta. L'Ue chiama il G20

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Il presidente della Commissione europea Barroso (D) e il presidente del Consiglio europeo Rompuy (S)

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Misteri della politica europea. Il fondo Salva Stati sembrava essere l'arma finale per mettere fuori gioco la speculazione che ha preso di mira l'euro da quest'estate. Risolini e battute del tandem Merkel-Sarkozy avevano fatto archiviare mesi di ansie. Un'illusione durata poco. E anzi complicata da errori di comunicazione non di poca rilevanza. Il primo proprio ieri con l'Ue che dopo aver appunto mostrato i muscoli con i mille miliardi (non versati) nel fondo Salva Stati ha chiesto l'aiuto di quasi tutto il mondo, quello più ricco si intende. Non ce la facciamo da soli a risolvere la crisi dei debiti hanno scritto in una lettera ai partner del G20, i presidenti di Consiglio e Commissione, Van Rompuy e Barroso che per questo hanno chiesto «l'aiuto di tutti» e si sono appellati al «senso di comune responsabilità» per ridare alla Ue la spinta necessaria a rimettersi in piedi. Soprattutto se la spinta avrà tanti zeri: quelli che l'Eurozona, ancora preoccupata dal rischio contagio di Spagna e Italia, ha intenzione di chiedere ai partner piu facoltosi del G20 di Cannes (3-4 novembre), convincendoli ad investire nel fondo salva-Stati. Anche per questo il ministro dell'Economia italiano, Giulio Tremonti, è volato in Cina nei giorni scorsi. Nei forzieri di Pechino la liquidità non manca e nemmeno l'intenzione di metterla a disposizione dell'Europa dalle finanze disastrate. L'unica perplessità che resta è solo quello che i cinesi chiedono in cambio della ciambella di salvataggio da lanciare all'euro. In ogni caso che l0accordo di giovedì scorso non fosse la soluzione a tutti i problemi in molti lo sospettavano fin da subito, i mercati lo hanno dimostrato venerdì, e il presidente uscente della Bce Jean Claude Trichet lo ha confermato ieri: «La crisi non è finita, anzi, ci ha fatto vedere per la prima volta la debolezza dell'Europa», caduta dopo Usa e Giappone nella stessa spirale negativa dell'economia, ha detto Trichet in un'intervista. Forse l'ultima da presidente della Bce che da domani sarà guidata da Mario Draghi. Anche l'Europa stessa non è per niente sicura che il complicato meccanismo anti-crisi che ha messo in piedi funzioni davvero, con numeri ancora non identificati chiaramente nonostante fossero pensati per dare sicurezza ai mercati, i dubbi sulla capacità di attrarre investimenti esterni all'Europa e la mancanza di dettagli tecnici per l'uso del fondo e il taglio del valore del 50% ai possessori di bond greci. «Noi abbiamo fatto la nostra parte, ma serve l'aiuto di tutti per assicurare ripresa globale e crescita» hanno scritto Barroso e Van Rompuy, assicurando che l'Europa, nel frattempo, non siederà sugli allori di un accordo non ancora pronto a decollare. «Applicheremo le misure anti-crisi in fretta e con rigore - hanno promesso i due presidenti - fiduciosi che ciò contribuirà ad una rapida soluzione della crisi». Ma se ciò non dovesse bastare, come sembra chiaro a tutti, il G20 - leggi Cina e Usa in primis - non può abbandonare i suoi partner europei: «C'è una continua necessità di azione comune da parte di tutti i partner del G20, in spirito di comune responsabilità e identico obiettivo», spiegano in quello che suona come un vero appello. Per capire se la richiesta di aiuto e il richiamo al senso di responsabilità sarà sufficiente, bisognerà aspettare Cannes. Ma nel frattempo, tre giorni dopo le decisioni "epocali" dei leader europei, cresce la sfiducia. Da parte britannica, non è solo sfiducia ma anche boicottaggio, con Londra che annuncia che non aiuterà in alcun modo il fondo salva-Stati, nemmeno tramite il Fmi. E anche il contributo Usa, tramite il Fondo monetario, è tutto da verificare, considerate le difficoltà di Obama già con la crisi americana. Giustificare un aiuto all'Europa non sarà semplice per il presidente Usa. E ieri anche il magnate americano George Soros se l'è presa con la soluzione europea alla crisi, che secondo lui «dimostra la mancanza di leadership di un continente», e le dà al massimo tre settimane di vita prima di dimostrare il suo «completo fallimento». Già sull'apertura dei mercati oggi, inizialmente euforici dopo l'accordo, nessuno è disposto a scommettere. A gettare benzina sul fuoco anche il balletto delle smentite sull'interessamento del Fmi nel creare una rete di sicurezza attorno a Roma e Madrid nel caso che la situazione peggiorasse. Difficile per l'Europa ammetterlo per non aumentare le tensioni così l'escamotage semantico trovato per salvare la faccia è stata la nota con la quale il Fondo Monetario ieri ha spiegato che la rete non c'è ma che in realtà «il Fmi ha avviato una revisione degli strumenti di finanziamento a sua disposizione, con l'obiettivo di gestire i bisogni degli stati membri e in linea con le riforme in corso per aumentare l'efficacia e la flessibilità degli strumenti di prevenzione delle crisi e mitigare i rischi di contagio». «L'obiettivo della revisione è rafforzare la capacità del Fondo di mitigare il contagio fornendo liquidità ai paesi che hanno politiche e fondamentali forti e che sono colpite da stress sui mercati finanziari. Il rafforzamento degli strumenti punta a gestire i bisogni dei paesi membri». Come Spagna e Italia appunto.

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