La rivoluzione culturale parte dai giovani
Iltema di quest'anno era centrato sul problema globale della occupazione. Quale ruolo i governi, il business (gli affari) e le istituzioni finanziarie devono avere per creare diversi lavori per le nuove generazioni? Attenzione si è parlato di nuovi jobs, di nuovi posti di lavoro, per contenere la disoccupazione che sta minando dalle fondamenta gli Stati. L'originalità del tema deriva dalla considerazione che la trasformazione mondiale, la globalizzazione, la crisi finanziaria generata negli Usa e poi trasmessa all'economia reale hanno reso obsoleti e non più attuali determinati mestieri. Sotto accusa sono finite le banche che attraversando un crisi di liquidità senza precedenti hanno ristretto i cordoni della borsa. In sintesi non ci concede più la fiducia ai giovani che desiderano avviare un'azienda. La crisi rende prudenti i banchieri per la sana e prudente gestione. Ma forse il problema non è questo. È scomparso Steve Jobs grande innovatore che ha rivoluzionato il mondo. La sua idea parte dalla fantasia che segue la conoscenza. È il motto di Ulisse affamato di sapere. Domanda provocatoria. Il lungo tempo di benessere ha consentito all'occidente di vivere in pace. Ha esaltato il consumismo, il debito, che è diventata la leva per finanziare e avviare le iniziative. Solo che si è è vissuto al di sopra delle possibilità ed ora abbiamo in piazza il fenomeno degli indignati. Indignati verso chi? Verso la famiglia con i bamboccioni, verso la durata media della vita che invecchia la società creando problemi a pensioni e sanità? Oppure una errata applicazione della democrazia che non amplia il consenso, ma ha creato centri di potere in mano a caste ottusamente conservatrici? Secondo me va avviata una economica rivoluzione liberamente culturale spinta soprattutto dai giovani. No quindi ai motorini pagati dai padri. Servono invece stimoli intelligenti con la volontà dell' ottimismo che spinge al fare. La giovinezza «passa tuttavia perché del doman non v'è certezza». Questa si crea con il dovere che antepone i diritti.