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L'Eurotonfo di Merkel e Sarkozy

Angela Merkel e Nicolas Sarkozy

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Non se ne esce. Non se ne esce. I paesi Ue, l'euro, non sembra abbiano voglia di salvarlo. Quella che era stata fissata come la data spartiacque di una crisi più volte definita «sistemica», ovvero in grado di contagiare la stessa esistenza economica di intere nazioni, resterà solo un ennesimo incontro tra capi di Stato e premier vari. Di soluzione non se ne vede l'ombra. Il vertice europeo di domenica prossima, che negli auspici del G20 avrebbe dovuto tirare fuori munizioni senza precedenti per superare la crisi del debito in Europa, rischia infatto di essere un ennessimo «flop». Dopo la fumata nera al vertice d'emergenza di mercoledì scorso a Francoforte, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy avranno un incontro a due sabato sera per «preparare una risposta globale e ambiziosa» alla vigilia del summit europeo di Bruxelles. Ma le divisioni restano, se i due leader già mettono in conto un secondo vertice, al più tardi mercoledì prossimo. Il nuovo appello del presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, ad un «compromesso su decisioni risolute», e il monito del Fondo monetario internazionale (la situazione sta peggiorando) sono l'ennesimo campanello d'allarme. Ma ancora una volta prevalgono le divisioni fra i leader delle due due maggiori economie dell'euro. Merkel e Sarkozy, ieri al telefono per discutere l'agenda dei prossimi giorni, hanno chiesto in una nota congiunta negoziati «immediati» con i creditori privati della Grecia e si sono detti «totalmente d'accordo nel dare una risposta ampia e ambiziosa» alla crisi. Una formulazione tesa a rassicurare i mercati in fibrillazione, e che contiene un'apertura alla richiesta tedesca di maggiore vigilanza sui bilanci così da non incentivare l'indebitamento dei partner, che potrebbe convincere Berlino ad aprire la borsa. Ma la nota franco-tedesca svicola dai nodi più difficili: come rafforzare il fondo di salvataggio «Efsf» e quali perdite infliggere ai creditori privati della Grecia. Dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble è arrivato un ennesimo stop all'ipotesi di coinvolgere la Banca centrale europea come prestatore di soldi al fondo che verrebbe trasformato in banca. Fonti governative tedesche escludono, poi, che domenica si prendano decisioni su come potenziare il fondo attraverso la leva finanziaria. A Bruxelles - stando alla bozza delle conclusioni - potrebbe però emergere l'orientamento a rendere permanente «prima possibile» il fondo di salvataggio. Un documento di lavoro europeo, preparato in vista del vertice, prevede che il fondo possa concedere prestiti «preventivi» fino al 10% del Pil ai Paesi a rischio: Spagna e Italia potrebbero incamerare ben 270 miliardi di euro. Intanto la nebbia resta fitta anche sulla ristrutturazione greca, con i mercati che puntano al default. Nonostante i dubbi del Fmi sulla sostenibilità dei conti di Atene, gli ispettori della «troik» nella loro valutazione hanno suggerito di sborsare «il più presto possibile» gli otto miliardi della sesta tranche di aiuti alla Grecia. Ma hanno anche messo sull'avviso tutto:il peggioramento della situazione economica è così veloce che il secondo salvataggio messo appunto tre mesi fa ormai non basta più. Insomma il futuro è nero.

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