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Fondo Salva-Stati come una banca. Parigi ritira la proposta

Nicolas Sarkozy e  Angela Merkel

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La Francia ha ritirato la sua proposta per fare del fondo salva-Stati Efsf una banca e dargli così la possibilità di rifinanziarsi presso la Bce. Lo ha reso noto il ministro delle finanze olandese Jan Kees de Jager. La proposta di Parigi era uno dei principali motivi alla base della scontro con la Germania. Il ministro olandese ha poi precisato che sul tavolo del Consiglio restano ora altre due opzioni per aumentare la "potenza di fuoco" dell'Efsf, senza però indicare quali. Secondo le informazioni raccolte a margine dell'Ecofin, i ministri starebbero valutando l'ipotesi di dare al fondo la possibilità di assicurare parte dei debiti sovrani. Sul tavolo dei ministri anche l'idea di creare un nuovo strumento ad hoc, a cui parteciperebbero Efsf e Fmi, con il compito di acquistare titoli pubblici dei Paesi sotto attacco. In altro modo, quest'ultimo, per aumentare considerevolmente la capacità di intervento delle istituzioni internazionali sui mercati. In questo frangente l'Europa appare confusa e ostaggio della divisione tra Germania e Francia: non c'è traccia di intesa su nessuna delle misure anti-crisi all'avvio della settimana decisiva per Eurolandia, che si apre con un Eurogruppo litigioso che riesce a dare il via libera solo alla sesta tranche di aiuti alla Grecia, come ampiamente previsto. Su tutto il resto, dal fondo salva-Stati alle perdite da imporre alle banche esposte sul debito greco, i lavori si arenano sin dal primo appuntamento. E il presidente Jean Claude Juncker, di solito generoso con le parole, arriva a cancellare la consueta conferenza stampa di fine lavori, certificando il disaccordo con la logica del direttorio franco-tedesco. Juncker, si apprende nei corridoi, non ha voglia di parlare, e non riesce a spiegare il caos che regna tra i 17 Paesi della moneta unica impotenti di fronte al braccio di ferro tra Germania e Francia, che prosegue, e sopra le loro teste. "Stiamo dando un'immagine disastrosa", lamenta il presidente dell'Eurogruppo prima di entrare alla riunione, consapevole che il tempo delle decisioni è ancora lontano. Eppure, non ce n'è molto, da quando Obama chiama in Europa quasi tutte le settimane, la Cina si esprime con continui richiami e il G20 lancia appelli ad una soluzione definitiva alla crisi dei debiti. La situazione è "seria" e "l'Eurozona ha delle grandi responsabilità verso se stessa, verso la Ue e verso l'economia mondiale", riconosce il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. Ma è proprio la Germania, in questi giorni, il principale ostacolo alla soluzione per mettere al riparo i Paesi a rischio. Il pomo della discordia è il fondo salva-Stati Efsf: tutti sono d'accordo ad aumentarne la potenza di fuoco, ma mentre Berlino e Banca centrale vogliono un meccanismo di leva finanziaria che non preveda l'intervento della Bce, la Francia insiste per coinvolgere Francoforte, che con i suoi fondi eviterebbe a Parigi di esporre i suoi, mettendo a rischio la sua tripla A. La prossima tappa per tentare di sbloccare la situazione sarà quindi sabato sera, con il bilaterale Merkel-Sarkozy a Bruxelles, alla vigilia del vertice che avrà gli occhi dei mercati e di tutte le potenze mondiali puntati addosso. E che per questo si è dato già una seconda possibilità: un nuovo vertice mercoledì, per arrivare ad una sintesi su tutti i punti che ridia credibilità all'Europa. Ma almeno un punto fermo l'Eurogruppo l'ha messo, dando il via libera alla sesta tranche di aiuti alla Grecia. Ora dovrà esprimersi il Fmi e la direttrice generale Christine Lagarde ha già detto che ne raccomanderà l'approvazione. Inoltre, sarà rivisto il secondo piano di salvataggio, del 21 luglio. Alla luce del "deterioramento del quadro macroeconomico", c'è bisogno di più fondi, e verranno anche da una maggiore partecipazione dei privati. Ovvero, si chiederà loro di sostenere un "haircut", o perdite sui loro titoli, che secondo alcune cifre circolate potrebbe arrivare al 60% per riportare il rapporto debito/pil a livelli sostenibili, ovvero al 110%. Le banche dovranno però essere d'accordo, e sarà un'altro dei problemi da risolvere.  

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