L'euro-rottura vale un premio
Mentre gli Scalmanados italiani dimostrano di non avere un'idea sull'economia, ma ottimi fondamentali nel lancio dell'estintore, nel mondo succedono cose di un certo rilievo per la nostra vita. Al di là dei messaggi pompieristici dell'establishment, l'Europa è a un bivio e le soluzioni appaiono tutte molto costose per i suoi cittadini. Ieri a Francoforte s'è tenuto un informale vertice d'emergenza tra la Merkel, Sarkozy, Draghi (in bocca al lupo per la presidenza della Bce) , Barroso, Van Rompuy, Baroin, Schauble e la signora del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde. Oggetto: come non far bruciare la casa comune europea. I francesi chiedono una soluzione entro domenica. Ma non è facile convincere la Merkel a dare il via libera a un megafondo di copertura del rischio mentre in Germania l'opinione pubblica preme per lasciar andare alla deriva i Paesi del Club Med, Italia compresa. Nelle settimane scorse Il Tempo ha più volte scritto della per niente remota possibilità di un breakup dell'Eurozona, dell'uscita di uno o più Paesi dall'Unione monetaria e della creazione di due euro, uno forte e uno debole. Apriti cielo. Non mi curo degli strilli dei parrucconi. Un amico banchiere non mancava mai di ricordarmi che «le cose sono più forti degli uomini». Le cose dell'economia emergono e gli uomini della politica appaiono sempre più piccoli. La possibilità di una rottura dell'architettura del Vecchio Continente è talmente reale che il Wolfson economics prize darà un incentivo di 400mila euro a chi studierà un meccanismo «di uscita ordinata di uno o più degli Stati membri dall'Unione Monetaria Europea». Una sfida al politicamente corretto. Queste cose si pensano e non si dicono. Figurarsi un premio. L'Economist ci informa che nel settore degli studi economici la dotazione del premio è seconda solo al Nobel. Qualcuno sta facendo una pensatina su come evitare (o sfruttare) il crac dell'Europa. In questo scenario, Berlusconi oggi dovrebbe dare un volto al nuovo Governatore di Bankitalia. Non so chi sarà il fortunato, l'importante è che si chiuda questo capitolo. Possibilmente con un nome autorevole. Conterà poco nella stanza dei bottoni, ma molto per la dignità e autonomia politica di chi l'ha scelto.