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Trichet lascia la Bce e i tassi fermi

Jean Claude Trichet, presidente della Banca Centrale Europea

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Jean-Claude Trichet, il presidente uscente della Bce, ha presieduto ieri il suo ultimo consiglio direttivo con la decisione di mantenere fermi i tassi d'interesse. Un addio amaro per chi sperava in un allentamento della politica monetaria. E al suo successore Mario Draghi, che s'insedia il primo novembre, arriva un attestato di fiducia: «Sa meglio di chiunque altro come funziona il nostro consiglio direttivo, ha preso tutte le decisioni assieme a noi. Non ha bisogno di consigli particolari. È completamente dedito al nostro mandato principale, come tutti noi». Ma pure a fine mandato Trichet non può allontanarsi dalla sala comando. L'inflazione balzata al 3% nell'area euro dovrebbe rallentare nei prossimi mesi, i rischi per la crescita delle 17 economie dell'euro sono peggiorati. Eppure, come nelle attese, dalla Bce non è arrivato il taglio dei tassi d'interesse. E neanche l'anticipazione di un costo del denaro in calo nei prossimi mesi, visto che Trichet ha ribadito che i tassi sono «accomodanti». Per alleviare le crescenti difficoltà delle banche europee, i governatori dell'Eurotower hanno invece messo in campo due prestiti senza limite a un anno, e riaperto gli acquisti dei covered bond emessi dalle banche. Porta chiusa, invece, all'ipotesi che sia la Bce a prestare i soldi al fondo di salvataggio europeo: «Non sarebbe opportuno», dice Trichet, rinvia la palla agli Stati dell'area euro. Ce ne è per tutti: devono ricapitalizzare le banche e risanare i bilanci. E Trichet non si tira indietro alla richiesta di commenti sulla lettera inviata alle autorità italiane ad agosto, prima di cominciare ad acquistare i Btp. Con Roma come con altri «insistiamo molto sulle riforme strutturali, come elevare il potenziale di crescita dell'area euro nel complesso e dei singoli paesi». Parole che sembrano indicare un colloquio permanente con i Paesi messi sotto pressione dai mercati: un colloquio non esaurito, con l'Italia, nella lettera di agosto. Al consiglio direttivo, fatto insolito, partecipava anche il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. Che in un'intervista televisiva, poco dopo, senza mezzi termini ha detto che «il Fondo salva-Stati Efsf non sarebbe in grado di soccorrere l'Italia». Parole che appaiono in contrasto con quelle della cancelliera Angela Merkel, che al vertice berlinese prova a rassicurare. «Abbiamo speso solo il 10% delle disponibilità del fondo di salvataggio». Complice anche il taglio del rating, gli occhi dei mercati e dell'Europa restano puntati sull'Italia, che appare sempre più come l'ultimo bastione di difesa dell'euro. Dopo le recenti indiscrezioni di una disponibilità del Fondo monetario internazionale a intervenire sul debito italiano qualora ce ne fosse bisogno, una generica conferma è arrivata dal direttore generale Christine Lagarde. «Abbiamo le risorse disponibili», ha risposto alla domanda se il Fmi sarebbe in grado di intervenire a sostegno di un'economia grande come l'Italia, o nel caso di un effetto-domino sulle banche europee. E del resto «molti dei nostri sforzi nell'area euro vengono attuati congiuntamente con altri organismi, ad esempio con la commissione Ue e la Bce». I mercati hanno comunque apprezzato. Gli investitori si aspettavano misure a sostegno delle banche a livello europeo e sono stati soddisfatti dal presidente della Commissione Europea Josè Barroso, che ha anticipato la messa a punto di una «azione comune e coordinata per ricapitalizzare le banche». La Commissione, a suo dire, ha «idee sulla ricapitalizzazione» ed è pronta a «presentarle presto». L'orizzonte si è ulteriormente schiarito con la decisione della Banca d'Inghilterra di intensificare il proprio programma di acquisto di titoli di stato, portandolo da 200 a 275 miliardi di sterline. Un contesto favorevole per i titoli bancari, ad eccezione di Dexia (-17,24%), sospesa anche al ribasso in attesa di chiarimenti sull'intervento delle Poste e della Cassa Depositi francesi. Intesa Sanpaolo ha guadagnato infatti il 5,73%, Unicredit il 3,84% ed Mps il 4,17%. In luce anche i titoli delle partecipate dal Tesoro, da Eni (+2,55%) ad Enel (+2,50%) a Finmeccanica (+5,6%) ed Ansaldo Sts (+4,86%).

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