"Gli italiani sono ricchi. Saranno loro a salvare lo Stato"
«Altro che rischio Italia. Il Paese è ricco. Più di quanto si pensi. Ed è proprio questa ricchezza la migliore garanzia del fatto che lo Stato non fallirà. In barba alla letteratura del declino che continua a imperare». Ennio Doris, patron di Mediolanum, in un colloquio con Il Tempo non ci sta a cadere nella trappola dei catastrofisti che annunciano ogni giorno il crollo della nostra economia. Eppure i report delle agenzie di rating, gli spread alti e il debito pubblico monstre farebbero credere il contrario. Sfatiamo subito il mito del declino. Lo Stato italiano ha un debito di 1900 miliardi. Ogni persona ha in capo una somma pari a 31 mila euro. Questo è innegabile. Però nessuno dice che la ricchezza netta degli italiani ammonta a 2800 miliardi di euro. Una somma colossale che divisa per il numero di abitanti significa una dote media di 47 mila euro per ogni abitante. Parliamo di statistiche. La realtà sembra diversa No. Il dato ha una distribuzione omogenea. La ricchezza insomma è diffusa. In questo siamo secondi solo all'Australia nel mondo. Ora se prendiamo la stessa informazione per la Germania ci si rende conto del nostro potenziale. I tedeschi hanno una ricchezza complessiva di 3400 miliardi di euro ma sono 80 milioni e dunque ognuno di loro ha una dotazione media di 42 mila euro. Basterebbe questo a infonderci coraggio. Senza tenere conto dell'immobiliare di proprietà che in Italia vale altri 8700 miliardi di euro. Qualcuno questi soldi però li ha messi nel mirino con la patrimoniale? È un errore tragico. Per abbattere il debito pubblico ci sono vie più semplice. Lo Stato ha sì cambiali da pagare ma anche molti beni da vendere. Cito le Poste, Ferrovie, la Cassa Depositi e Prestiti e decine di municipalizzate. Non solo c'è un patrimonio immobiliare stimato in 700 miliardi di euro. Molti sono cedibili altri valorizzabili. Basterebbe liquidarne la metà, incassando 350 miliardi, per portare il debito dal 120% al 100% del Pil. Poi con l'avanzo primario che è il più alto d'Europa abbattere metodicamente l'intero stock. Si potrebbe anche mettere in fondo tutto quello che ha un valore e piazzare le quote tra tutti i risparmiatori con un rendimento certo. La ricchezza come detto non manca. Siamo ricchi ma non si cresce. Perché? È il sistema di regole che non funziona. Qualsiasi esecutivo arrivi a Palazzo Chigi non ha i poteri per governare. Poi mettiamoci anche una discreta tendenza declinista che fa sì che le profezie di sventura alla fine si autoalimentano. E alla fine il peggio che si aspettava si avvera. Soluzioni? L'esterofilia di questo Paese. Non riusciamo a fare le cose ma se qualcuno come l'Unione Europea ci chiede una cosa ingraniamo la quinta. È successo questa estate con due manovre approvate nel giro di 5 giorni. Ed è per questo che Berlusconi ha chiesto al presidente Ue Barroso di obbligarci a fare la riforma delle pensioni. Fuori dal lavoro più tardi rispetto a oggi? Assolutamente sì. Per ragioni di sostenibilità e perché la vita media si è allungata. 65 o 70 anni per lasciare il lavoro? Si può partire con 65 anni per tutti. Ogni paese d'Europa sta alzando l'età. Non possiamo restare fuori da questa tendenza che accomuna le riforme nell'Ue. Lo strappo di Marchionne con la Confindustria. Bene o male? L'ad della Fiat cerca solo di avere più flessibilità nella produzione. Sta facendo quello che il premier spagnolo Zapatero sta facendo per legge. Montezemolo in politica? C'è già un imprenditore in campo. Della Valle? Non commento. Ma non è il problema delle persone. È il sistema di governo che non funziona. Se il potere di sciogliere le camere ce lo avesse il presidente del Consiglio sono sicuro che Romano Prodi avrebbe governato per l'intero mandato. Torniamo all'economia. Il suo giudizio sulla crisi? Quella attuale è figlia della crisi dei mutui subprime degli Usa. Oggi nel mirino sono finite i debiti sovrani e a soffrirne sono le banche che hanno difficoltà di fare provvista. Gli istituti reagiscono negando credito ai clienti e alzando i tassi. Questa è la conseguenza congiunturale. C'è ne è anche una strutturale. Il rapporto tra filiali e clienti che per 5 secoli ha retto tutte le innovazioni oggi è in crisi per il web. Mano a mano che la clientela si sposta sulla Rete per fare le operazioni le banche perdono ricavi. Anche Mediolanum? Abbiamo impostato sin dall'inizio un modello con costi fissi bassi. L'integrazione di telefono, web e promotori ci consente di trasferire le economie e i risparmi ai clienti. In più lavoriamo con le famiglie e questo ci dà un vantaggio competitivo che pochi hanno. Se un nucleo ci affida 100 euro noi ne impegnamo in prestiti 50. Dunque siamo molto liquidi e questi fondi li impegnamo prestandoli a tassi vantaggiosi alle banche. Quando Tremonti mise in campo i bond del Tesoro per aiutare gli istituti creditizia a superare la crisi post crollo della Lehman Brothers avevamo già concesso o al sistema 7,2 miliardi di euro. Stessa strategia anche oggi? Sì. Stiamo iniettando la nostra liquidità nel sistema come nel 2008. Ma i risparmiatori si fidano ancora del sistema del risparmio gestito? Mediolanum sta crescendo. La raccolta netta a partire da gennaio 2008 fino allo scorso 30 settembre era sopra i 13,5 miliardi di euro. Oggi gestiamo una massa di risorse che supera i 46 miliardi di euro. La semestrale come sarà? Avremo probabilmente minori utili rispetto allo scorso anno. Ma la crescita che registriamo nelle attività ci fa ben sperare in un risultato comunque positivo anche nel 2012. Ultima domanda. Strategia di investimento: titoli bancari o industriali. Non investo mai in titoli ma in fondi. Ovunque nel mondo e in tutti i settori.