Una Pigna in testa a Confindustria
Nonsono passate nemmeno ventiquattr'ore dall'addio della Fiat che un'altra impresa storica lascia Confindustria. È la Cartiere Paolo Pigna Spa, azienda leader in Italia nel settore cartotecnico, fondata nel 1870. Giorgio Jannone, presidente e ad dell'azienda nota ai più per i suoi quaderni, spiega che la decisione di uscire da Confindustria solo per una coincidenza è arrivata a ridosso dell'annuncio di Marchionne. «Era da tempo che tante cose non mi stavano bene e pensavo di andarmene». Un insieme di motivi che, dice, «numerosi imprenditori condividono e presto seguiranno il mio esempio». Vincenzo Boccia, presidente della Piccola industria di Confindustria, ha subito liquidato la decisione di Jannone sottolineando il suo ruolo in politica: «è parlamentare di maggioranza e presidente della Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali, il che la dice lunga...». «Cosa significa? Che se un imprenditore fa politica non può esprimere la propria posizione - replica secco Jannone - Io ho un doppio ruolo, e allora?» – Come mai ha deciso di uscire da Confindustria? «Confindustria, per Statuto, deve essere apolitica e apartitica ma negli ultimi tempi questa neutralità è venuta meno. Le posizioni del presidente e dei membri della giunta sono di parte. Ci sono due tendenze: una antiberlusconiana e l'altra di chi vuole creare un nuovo partito che fa riferimento a Montezemolo e ad altri esponenti. Non si può usare Confindustria per assumere posizioni politiche propedeutiche a nuovi partiti». – Vuol dire che Marcegaglia sta cercando di favorire Montezemolo? «Gli attacchi contro il governo sembrano voler aprire spazi ad altri soggetti pronti a scendere in campo. Che un imprenditore decida di far politica è legittimo ma non si può usare Confindustria a proprio vantaggio». – Condivide le ragioni di Marchionne? «Condivido quello che ha detto l'ad della Fiat ma le mie ragioni sono diverse. Marchionne fa riferimento al rapporto tra Confindustria e sindacati. Vorrei una Confindustria meno legata a finalità di carattere politico». – Senza lo strappo di Fiat lei avrebbe lasciato lo stesso Confindustria? «È una coincidenza che la mia decisione sia venuta a ridosso di quella della Fiat. Da diverso tempo ero a disagio». – Sa se altri imprenditori seguiranno il suo esempio? «So che c'è un malcontento diffuso. Molti lamentano l'eccesso di spese di Confindustria a fronte dell'elevata quota associativa. Troppi convegni. Non si possono chiedere tagli agli sprechi della P.a e continuare a spendere parecchio per il funzionamento di Confindustria». – Come si calcola la quota associativa? «È parametrata al monte salari. Un'impresa con 300 dipendenti spende 50 mila euro l'anno. Molti si chiedono se i servizi resi sono in linea con l'alto costo associativo».