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Fiat sbatte la porta. Addio a Confindustria

Sergio Marchionne

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L'aveva annunciato a giugno scorso ma nessuno aveva creduto che l'avrebbe fatto. Ieri però è arrivata la comunicazione ufficiale. Dal 1° gennaio 2012 Fiat uscirà da Confindustria. Una decisione senza ripensamenti, inevitabile per un gruppo che ha 200 stabilimenti nel mondo che deve ragionare da multinazionale e quindi non può rimanere impantanato nei veti incrociati di alcuni sindacati italiani. L'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ha scritto una lettera al presidente della Confindustria Emma Marcegaglia. Probabilmente nemmeno lei pensava che la sua presidenza si sarebbe conclusa con l'addio della Fiat. Lo strappo di quello che è a tutti gli effetti il principale azionista di Confindustria oltre che il principale gruppo manifatturiero del Paese, rappresenta una svolta nel sistema delle relazioni sindacali. Difficile non immaginare che l'esempio del Lingotto non sarà seguito da altre aziende. Difficile non pensare che Marchionne non farà scuola. Via dalla Confindustria senza ripensamenti, scrive Marchionne alla Marcegaglia, «il nostro è un addio ufficiale, che parte dal primo gennaio 2012: non facciamo entrate e uscite». Le motivazioni? «Non vogliamo rinunciare a essere protagonisti nello sviluppo industriale del nostro Paese» e perché un gruppo con 181 stabilimenti in trenta Paesi «non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato». Il manager spiega che «con la firma dell'accordo interconfederale del 21 settembre è iniziato un acceso dibattito che, con prese di posizione contraddittorie e addirittura con dichiarazioni di volontà di evitare l'applicazione degli accordi nella prassi quotidiana, ha fortemente ridimensionato le aspettative sull'efficacia dell'art.8». Per Marchionne quindi c'è il rischio di «snaturare l'impianto previsto dalla nuova legge e di limitare fortemente la flessibilità gestionale». L'addio quindi è per ragioni «che non sono politiche e che non hanno nessun collegamento con i futuri piani di investimento». Nella lettera fatta recapitare venerdì scorso, ma resa pubblica dal Lingotto ieri mattina a mercati ancora chiusi, Marchionne spiega che «i rapporti con i nostri dipendenti e con le organizzazioni sindacali saranno gestiti senza toccare alcun diritto dei lavoratori, nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come previsto dalle intese già raggiunte per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco». Il titolo va subito giù in Borsa e chiude con un calo del 3,22% della Spa e del 5,74% di Industrial. Fiat ha annunciato anche che il piano di investimenti per l'Italia prosegue senza intoppi. A Mirafiori dal 2013 sarà prodotto un nuovo suv della Jeep, a Pratola Serra sarà invece assemblato un motore dell'Alfa Romeo. La replica della Confindustria è arrivata dopo qualche ora. «Rispettiamo la decisione ma non condividiamo le motivazioni di Marchionne in base alle quali ha deciso di uscire dalla nostra associazione» ha detto tranchant Emma Marcegaglia. «Marchionne mi aveva mandato una lettera a fine giugno, dopo l'accordo interconfederale del 28 giugno -ha spiegato Marcegaglia- dicendomi che aveva bisogno della sua validità retroattiva e che se questo non fosse accaduto sarebbe uscito da Confindustria. Con l'art.8 l'effetto retroattivo di Pomigliano e Mirafiori c'è. Marchionne dice che la sottoscrizione dell'accordo interconfederale avrebbe depotenziato l'art.8 ma questo non è vero». Il numero uno di Confindustria poi cita tre noti giuslavoristi, Ichino, Maresca e Della Aringa, che ritengono «immotivate» le tesi di Marchionne. Il vicepresidente di Confindustria Bombassei pone il problema della posizione di John Elkann in Confindustria, dove ricopre la carica di vicepresidente. Confindustria si è anche affrettata a minimizzare l'impatto dell'addio di Fiat per la macchina confindustriale. Con una nota sciorina una serie di dati. Ovvero che «in termini di addetti il Gruppo Fiat rappresenta lo 0,8% dell'intero sistema associativo, mentre dal lato contributivo il Gruppo pesa l'1% dell'intero sistema, per una somma pari a poco meno di 5 milioni di euro». A chi poi ipotizza una diaspora sulla scia di Fiat, viale dell'Astronomia replica che «nei primi nove mesi del 2011, gli associati a Confindustria sono aumentati di 2.096 aziende (2%)».

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