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Cambia l'accertamento fiscale

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CamillaConti Oggi primo di ottobre entrano in vigore gli avvisi di accertamento fiscale esecutivi. Sono gli atti con i quali l'Agenzia delle entrate notificherà al contribuente tre cose: i motivi per cui gli contesta il mancato pagamento di imposte; la quantificazione della maggiore pretesa erariale, dei relativi interessi e delle sanzioni; l'intimazione a pagare entro il termine per proporre ricorso. Cosa li differenzia dai «normali» avvisi di accertamento che venivano fino a oggi emanati dall'Agenzia delle entrate? Il terzo elemento, ossia l'intimazione al pagamento. «Con gli avvisi di accertamento normali - spiega infatti Enrico Zanetti, direttore di Eutekne.info, centro studi su fisco e tassazione - questa intimazione è rimessa alla notifica di un atto separato, la cartella di pagamento, a cura del concessionario per la riscossione. Spesso questa cartella impiega qualche tempo ad arrivare. Con un raddoppio di tutte le procedure di notifica e, conseguentemente, delle possibilità di errori invalidanti della pretesa erariale». Entro 60 giorni dalla notifica dell'avviso di accertamento scatta l'obbligo di pagare. Se però, entro il sessantesimo giorno, il contribuente presenta all'ufficio istanza di accertamento con adesione, il termine rimane sospeso per 90 giorni, per dare tempo alle parti di vedere se riescono a mettersi d'accordo. Si arriva quindi a 150 giorni. A prescindere dal fatto che poi l'istanza di adesione si perfezioni, oppure no. Quindi, conviene sempre presentarla e poi si vedrà. Ipotizziamo che scada il sessantesimo o centocinquantesimo giorno senza che il contribuente abbia pagato né fatto ricorso davanti alla commissione tributaria. Da quel momento è inadempiente e, come tale, si ritroverà gravato anche degli aggi della riscossione e degli interessi di mora. «Il ricorso – aggiunge Zanetti - sospende la riscossione fino alla sentenza di primo grado solo se il fisco contesta al contribuente una elusione. Se contesta invece una evasione, il ricorso la attenua soltanto, rendendo dovute, in pendenza di giudizio, solo il 30% di imposte e interessi e nulla delle sanzioni. È chiaro che se poi la sentenza darà ragione al contribuente, quello che ha già versato gli dovrà essere restituito». Intanto però si ritroverà fuori di somme talvolta considerevoli per mesi, se non anni. È possibile pagare a rate presentando apposita istanza. Ma per farlo si deve prima aspettare che scadano i termini per il pagamento. In questo modo si finisce per essere inadempienti e nella rateizzazione si è costretti a pagare pure gli aggi della riscossione e gli interessi di mora. Non solo. Anche se si è presentato ricorso, è tutto da vedere che venga esaminato entro i termini. Scaduti i quali, nulla può più fermare l'esecuzione forzata.

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