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Finisce la corsa all'oro

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Permesi sembrava che la corsa delle materie prime trainata dall'oro, bene rifugio dell'eccellenza, non dovesse conoscere la frenata. E invece come in ogni copione speculativo che si rispetti il rally si è interrotto. Non solo per il metallo giallo ma anche per le altre cosiddette commodities, ovvero argento, rame e gli altri minerali utilizzati nelle lavorazioni industriali. A spingere al ribasso le quotazioni sono fattori macroeconomici come la crisi economica e il rischio recessione, ma soprattutto i timori legati al debito dell'Eurozona con la conseguente fuga dalla moneta unica e il rafforzamento del dollaro. L'oro con consegna a dicembre è sprofondato a 1.532 dollari all'oncia. Solo nelle ultime 4 sessioni ha perso il 13,8% cedendo oltre 300 dollari rispetto al record di 1.921 dollari dello scorso 6 settembre. A monte della rapida fuga dall'oro c'è l'inquietudine degli investitori che, di fronte alla crisi europea hanno scelto di abbandonare il metallo prezioso, per monetizzare i guadagni e passare al dollaro considerato ora più affidabile dopo l'accordo sul deficit di bilancio raggiunto questa estate da Obama e in forte recupero sull'euro. Insieme all'oro sono però in calo quasi tutte le commodities. Fra i metalli l'argento ha fatto peggio dell'oro perdendo il 16% e toccando i minimi da novembre. Stessa sorte del platino i cui future con consegna ad ottobre sono scesi a 1.475 dollari all'oncia con una perdita dell'8,5%. In calo anche il rame che ha perso il 7,6% portandosi, dopo sette giorni di perdite, al peggior risultato dal dicembre 2008. Ma se un calo dell'oro era preventivato, l'andamento di un metallo industriale come il rame preoccupa di più. Il suo andamento è usato da termometro per diversi settori industriali, il suo primo paese acquirente è infatti la Cina e un calo delle sue quotazioni sono lette come un arresto della domanda del colosso asiatico unito a un generale rallentamento di vari settori produttivi.

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