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Un piano da 3 mila miliardi per l'euro

Il segno dell'euro davanti alla Banca centrale europea

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Tremila miliardi per salvare l'euro: secondo il Sunday Times è uno dei punti di un «ambizioso» piano su cui stanno lavorando i ministri delle finanze dei Paesi del G20 per espandere il fondo di bailout europeo in vista di un default della Grecia ai primi di novembre.   Fonti vicine al vertice tra ministri e Fondo Monetario Internazionale hanno detto al Times che il piano avrebbe tre aspetti: la ricapitalizzazione delle banche europee vulnerabili, il fondo di bailout da 440 miliardi alzato fino a tremila miliardi e il default pilotato della Grecia facendo rimanere il paese all'interno della Eurozona. «La questione non è più se la Grecia andrà in default quanto assicurare che ci sia la potenza di fuoco finanziaria per far fronte a un default e assicurare che il contagio non si diffonda attraverso l'Eurozona quando succederà», ha detto, parlando da Washington, Gerard Lyons, chief economist della banca Standard Chartered. Di un piano lungo le stesse linee e che potrebbe essere annunciato nei prossimi giorni parla anche il Sunday Telegraph: mirerebbe a circoscrivere la crisi a Grecia, Portogallo e Irlanda evitando il contagio a Italia e Spagna. Oggi e domani si riunirà a Parigi il G20 del lavoro nel quale le Global Unions chiederanno di sostenere un «patto sul lavoro per i giovani». La dichiarazione che verrà presentata al vertice dai sindacati mondiali sottolinea l'esigenza di dare «sostegno alla crescita» dopo aver dato «precedenza al taglio del deficit», e invita i governi a premere per «un livello di volontà politica collettiva equivalente a quello raccolto per il salvataggio delle banche in modo da lanciare uno sforzo coordinato per la ripresa che favorisca crescita e occupazione». Al vertice parteciperà anche il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni. Mercoledì prossimo, Strasburgo darà il via libera alla prima riforma che metterà le mani nelle casse dei governi che non hanno i conti a posto: la nuova governance Ue, nata dallo choc post-Grecia, non darà più margine di manovra sui vincoli comuni dettati dal Patto di stabilità e di crescita, e soprattutto metterà la camicia di forza ai debiti elevati - come quello italiano - che dovranno scendere rapidamente, pena multe e sanzioni che scatteranno in modo semi-automatico. Dopo un anno di negoziato tra il Consiglio e il Parlamento Ue, mercoledì prossimo Strasburgo voterà il cosiddetto «six pack», ovvero sei progetti legislativi che hanno il compito di rafforzare il patto di stabilità e di crescita, finora unico strumento della governance europea, entrato in vigore con l'adozione dell'euro il 1 gennaio del 1999. Sul voto pesa ancora qualche incognita sollevata dai gruppi politici: il gruppo Popolare, Ppe, e quello dei liberaldemocratici, Alde, sono a favore, ma da soli non raggiungono la maggioranza. La novità della riforma riguarda prima di tutto i debiti sovrani, e viene introdotto per la prima volta un parametro numerico da rispettare: se il debito supera il 60% del pil, va ridotto ogni anno di un ventesimo, pena la tagliola delle sanzioni, ovvero un deposito dello 0,2% del pil. Finora, la sanzione era invece prevista solo in caso di deficit eccessivo. Ma per i Paesi già sotto procedura di sorveglianza per il deficit, c'è un periodo di transizione di tre anni, quindi per l'Italia, che porterà il suo sotto il 3% nel 2012, la nuova procedura scatterà nel 2015.

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