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Se protestano quelli che muovono l'economia

Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, all'Assemblea annuale dell'Ance

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Ad alzare la voce ieri non sono stati i soliti antagonisti. O i quattro gatti indignati che pensano di poter salvare il paese montando una tenda e bevendo vino davanti a Piazza Affari. No. Ieri i fischi e le urla che hanno fatto alzare il ministro Matteoli arrivavano da distinti imprenditori con giacca, cravatta e capelli grigi. Costruttori. Ovvero uno dei principali motori per far ripartire la macchina economica. Questi signori rappresentano circa il 10% degli impieghi del Pil. Fanno acquisti di beni e servizi da ben l'80% dell'insieme dei settori economici. Se aumentano la domanda di 1 miliardo di euro generano una ricaduta complessiva di 3,374 miliardi e 17.000 occupati in più. Il problema è che non possono costruire, non possono investire. Quindi non produrranno nuove case, e non recupereranno le vecchie, perché la domanda non c'è. Stanno messi peggio di molti colleghi europei. In Germania, ad esempio, gli investimenti in costruzioni è aumentato del 2,8% grazie anche agli incentivi al mercato privato e ai maggiori investimenti nelle infrastrutture. Guarda caso i Paesi con andamenti positivi nel 2010 sono quelli che hanno registrato nello stesso periodo gli aumenti più significativi del Pil. In Italia il Pil è fermo e non ripartirà se non si costruisce. Ma chi dovrebbe farlo è stretto fra le banche che chiudono i rubinetti del credito e la Pubblica Amministrazione che continua a bloccare i pagamenti. Riassumendo: se le costruzioni ripartono, portano con sè anche gli altri settori con un rapporto di 3,4 euro per ogni euro speso in costruzioni. In Germania il settore è ripartito grazie ad alcune misure intelligenti prese dal governo a favore degli interventi di riqualificazione degli edifici. Il credito è bloccato ed è un grosso problema anche a causa dei ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione. Caro ministro, la prossima volta non faccia l'indignato e rimanga seduto ad ascoltare. Perché o si cresce o si muore.

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