La Penisola spezzata in due
Le difficoltà economiche del Sud non sono una novità, ma quella descritta dall'ultimo rapporto Svimez è una bomba a orologeria: basso sviluppo, alta disoccupazione giovanile e una micidiale trappola demografica, che comporterà spese insostenibili. Si aggiunga che il Sud non è poi così povero come i dati mostrano, ma solo perché è diffusa l'economia nera, sconfinante nel criminale, che segnala una progressiva perdita di sovranità statale e legale. A fronte di ciò il secessionismo leghista è una barzelletta, che non fa più ridere e che spaventa solo quelli che fanno finta di crederci. Il rischio di spezzarsi l'Italia lo corre al Sud. Tutto questo è inaccettabile: proprio perché sviluppato meno di quel che potrebbe il Sud è un'opportunità. Se legge e ordine si accompagnassero a investimenti e sviluppo l'intero Paese avrebbe tassi di crescita oltre la media europea. Ma non capita, perché nulla cambia. Ieri Berlusconi e Tremonti si sono parlati. Ne siamo felici, ma i loro rapporti personali sono irrilevanti. L'Italia vive ore di grande difficoltà non (solo) per l'alto debito pubblico, ma per il basso sviluppo, che si trascina da quindici anni. Non è la speculazione di un mese, è il languore dell'intera seconda Repubblica. Questo maleficio va spezzato, e solo su questo ciascuno sarà giudicato. Il resto è fuffa, distrazioni per tifoserie. L'indicatore decisivo è quello del prodotto interno: se resta fermo si trascina dietro il resto, in un'orgia di rabbia sociale e desideri di vendetta. Lo spazio per reagire c'è, ma se pensano che basti il comunicato del dialogo e la ridicola «cabina di regia» vuol dire che hanno perso il senno. Occorre coraggio. Ma ce ne vuole di più a non far niente.