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Un economista francese ci dà lezione di orgoglio

Standard&Poor's taglia il rating di sette banche italiane

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Siamo al paradosso. Dobbiamo farci dare lezioni di orgoglio nazionale da un economista francese. Mentre i soloni italiani fanno a gara a rilanciare i giudizi negativi delle agenzie di rating sottolineando che i colpevoli sono in casa, ovvero la politica incapace di varare le riforme necessarie e il sistema Paese poco competitivo, oltralpe c'è chi ci invita a uno scatto d'orgoglio. Jean Paul Fitoussi, economista docente all'istituto di studi politici di Parigi e alla Luiss di Roma definisce il declassamento di Standard & Poor's un «errore grottesco». Poi spiega ai numerosi studiosi e industriali che si accaniscono contro il proprio Paese che «l'Italia non è la Grecia, è un Paese solvibile. Anzi, è un Paese ricco». Fitoussi, fondatore dell'Osservatorio francese sulle congiunture economiche, consulente del primo ministro Fillon e del Parlamento europeo, va oltre elencando i punti di forza dell'Italia che, dice, «ha un patrimonio netto di 6-7 volte superiore al reddito dei contribuenti. Questo significa che ha largamente di che pagare: il che non è il caso della Grecia. Il vostro problema – sottolinea quindi il professore – non è il debito, ma la crescita, che resta troppo bassa».  E a proposito di S&P, Fitoussi dice apertamente: «Queste agenzie hanno performance medie quando valutano le imprese, mediocri quando giudicano i prodotti bancari, nulle quando si esprimono sugli Stati. La loro incompetenza è abissale». E allora di chi è la colpa se il declassamento di S&P produce danni al nostro sistema economico? Il professore francese non ha dubbi: «dei giornalisti». Già, per Fitoussi sarebbe ora che la stampa italiana la finisse di commentare e attribuire valore alle «sparate di S&P» in quanto «prive di correttezza e serietà» e aggiunge: «Da parte mia mi chiedo cosa aspettano i governanti europei a riformare queste agenzie: tre anni fa era stato annunciato che sarebbe stato fatto e invece niente». Secondo l'economista Claudio Borghi «il cuore del problema per l'Ue è la mancanza di una struttura centrale come la Fed, la banca centrale americana. In Europa gli Stati della zona euro sono vulnerabili, esposti alla speculazione sui loro titoli pubblici: negli Usa invece il declassamento non ha avuto effetti sui tassi d'interesse». In Europa – sottolinea Fitoussi – questo è proibito dai trattati: la banca centrale può intervenire sul mercato secondario ma non su quello primario». Insomma, invece di piangersi addosso il sistama Paese dovrebbe reagire agli attacchi delle agenzie di rating.

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