S&P's taglia sette banche
Il declassamento di Standard & Poor's all'Italia è stato solo il primo atto di un attacco serrato al sistema Paese che ieri ha raggiunto il culmine. Nel mirino delle agenzie di rating sono entrati i «gioielli» dell'economia italiana, le banche e le maggiori imprese. Tutte con fondamentali solidi e, nel caso degli istituti di credito, appena ricapitalizzati. Perché si è scatenato questo attacco all'Italia? Perché si è scatenato questo attacco all'Italia proprio mentre continuano a rincorrersi le voci di un fallimento controllato della Grecia? Le agenzie di rating vogliono mettere il nostro Paese sulla scia della Grecia, o l'obiettivo finale è l'Euro? Tutte domande senza risposte, al momento. Ecco la cronaca di ieri. La giornata comincia con il declassamento della Fiat da parte di Moody's. Il rating del Lingotto è abbassato a Ba2 da Ba1. L'outlook è messo negativo, il che significa che non si esclude un altro declassamento. L'agenzia spiega che a pesare è l'integrazione organizzativa e operativa con Chrysler, ma se questa andrà a buon fine le prospettive potranno stabilizzarsi. Dice anche che il giudizio riflette «il rischio del business di Fiat, concentrato su un settore altamente ciclico come quello automobilistico, e il tasso di rinnovo dei modelli relativamente basso rispetto ai concorrenti diretti. Questo riduce la sua posizione competitiva». Inoltre il nuovo rating «prende in considerazione un sostanziale aumento della spesa per investimenti quest'anno e oltre». A Piazza Affari le ripercussioni sono immediate e il titolo lascia sul terreno a fine giornata il 6,22%. L'ad Marchionne è negli Usa, dove a mezzanotte (ore sei in Italia) scade il nuovo termine per il negoziato con il sindacato americano sul contratto dei lavoratori Chrysler. Passano poche ore dalla decisione di Moody's ed ecco che Standard & Poor's interviene con una serie di downgrading. Abbassa il rating di lungo e breve termine della Cassa Depositi e Prestiti, quello a lungo termine di Terna e poi cala la scure sulle banche: per 15 istituti fra cui Unicredit c'è il taglio dell'outlook da stabile a negativo mentre per 7 di queste, fra cui Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Bnl, è stato allineato verso il basso anche il rating. Risparmiata l'Enel di cui si sottolinea «la solida performance dei risultati operativi». Già nella conference call seguita alla decisione sul debito sovrano gli analisti dell'agenzia avevano rilevato come «un meccanismo di trasmissione per gli istituti di credito italiano poteva arrivare dalla perdita di valore dei titoli di Stato detenuti nei portafogli delle banche. In questo caso, spiega l'agenzia, si tratta di una decisione quasi automatica dovuta al fatto che gli istituti detengono almeno il 40% delle attività sul mercato domestico e sono così più sensibili all'andamento del Paese. E proprio sulla mancata crescita (oltre che sulle incertezze politiche) aveva insistito il comunicato sul taglio del debito sovrano. Standard & Poor's ieri nel documento ha sottolineato che «il rischio politico è storicamente importante proprio perchè impatta sulla volontà di rimborsare il debito». Come dire, insomma, che il taglio del rating è anche per governo e maggioranza.