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Ocse, in Italia ripresa del mercato del lavoro troppo lenta

Lavoro, un ragazzo davanti a un centro per l'impiego

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"L'impatto della crisi recente sul mercato del lavoro italiano è stato fino a oggi moderato, ma la ripresa è stata lenta". Lo sottolinea l'Ocse nell'Employment Outlook 2011 mette a confronto l'Italia con gli altri Paesi. Per l'organizzazione parigina il mercato del lavoro italiano "è sempre più duale" e "la crisi ha colpito duramente i giovani tra i 15 e i 25 anni": il tasso di disoccupazione giovanile si è attestato al 27,6% nel luglio 2011, "uno dei più alti tassi nell'area Ocse". Il tasso di disoccupazione italiano (nella definizione dell'Ilo), ricorda l'Ocse, è cresciuto di 2,5 punti percentuali tra l'inizio della crisi (nel secondo trimestre del 2007) e il primo trimestre del 2010 quando ha raggiunto l'8,5%. TIMIDI SEGNALI DI RIPRESA "Questo incremento rimane tuttavia inferiore all'aumento medio osservato nell'intera area Ocse - si legge nel rapporto - da allora, però, la ripresa occupazionale è stata alquanto moderata. Il tasso di disoccupazione italiano è sceso di solo mezzo punto percentuale, in linea con l'evoluzione media degli altri paesi Ocse e il recente rallentamento della ripresa economica nell'area euro suggerisce che la disoccupazione italiana rimarrà al di sopra dei livelli precedenti alla crisi per un certo tempo". Secondo l'organizzazione di Parigi, "nella fase di recessione il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato di 9,7 punti percentuali, raggiungendo il 28,9% (tasso destagionalizzato) nell'aprile 2010. Da allora i segni di ripresa sono timidi". Inoltre, sottolinea il rapporto, "il declino della disoccupazione appare dovuto interamente alla creazione di posti di lavoro con contratti a termine o atipici (inclusi i cosiddetti collaboratori), mentre il numero di posti con contratto indeterminato tende ancora a contrarsi". In particolare, tra il primo trimestre del 2010 e il primo trimestre del 2011, ricorda l'Ocse, "il numero di lavoratori con contratto permanente e a tempo pieno risulta essersi ridotto ancora di 72.000 unità. Questo suggerisce che il mercato del lavoro italiano sta diventando più segmentato, con lavoratori in età matura in impieghi stabili e protetti e molti giovani senz'altro sbocco immediato che posti più precari". STIPENDI TROPPO BASSI I salari italiani sono tra i più bassi dei paesi avanzati e nel nostro Paese è aumentato il rischio di povertà. Nel 2010 l'Italia, con un salario medio annuo lordo di 36.773 dollari (circa 26.900 euro) - in crescita dello 0,8% rispetto al 2009 - si colloca sotto la media dei paesi Ocse (48.888 dollari, circa 35.480 euro; +0,7%) e dell'Europa a 15 (44.904 dollari, circa 32.850 euro; -0,3%) ma davanti a Spagna (35.031 dollari, circa 25.630 euro) e Grecia (29.058 dollari, circa 21.260 euro).  Dietro di noi Repubblica Ceca (16.001 dollari, circa 11.700 euro), Estonia (13.835 dollari, circa 10.120 dollari), Ungheria (13.179 dollari, 9.640 euro), Corea ( 26.538, 19.410 euro), Polonia (12.475 dollari, 9.130 euro), Portogallo (22.033 dollari, 16.120 euro), Slovacchia (14.391 dollari, 10.530 euro) e Slovenia (29.046 dollari, 21.250 euro). Buste paga decisamente piu' pesanti le incassano invece i lavoratori di: Stati Uniti (52.607 dollari, 38.390 euro), Australia (63.656 dollari, 46.455 euro), Francia (46.365 dollari, 33.830 euro), Germania (43.352 dollari, 31.630 euro), Irlanda (64.095 dollari, 46.770 euro). Per l'Ocse, "lo shock negativo sui redditi da lavoro subito da non pochi italiani durante la crisi si e' probabilmente tradotto in un aumento del rischio di poverta' e di difficolta' finanziarie, anche se l'aumento massiccio di risorse per la cassa integrazione guadagni ha contribuito significativamente a limitare il numero di lavoratori affetti da tali shocks". Nel rapporto si rileva come "rispetto ad altri paesi Ocse, in Italia il sistema di tasse e trasferimenti gioca un ruolo minore nel proteggere le famiglie contro le conseguenze di grandi contrazioni del reddito da lavoro". "Grandi riduzioni del reddito da lavoro individuale (per esempio in caso di perdita del posto di lavoro) - spiega l'Ocse - tendono a tradursi in contrazioni di reddito disponibile famigliare superiori a quelle osservate negli altri paesi Ocse. Cio' occorre a causa della limitata azione di assorbimento degli shock operata dagli ammortizzatori sociali". Per esempio, si legge nel rapporto, "se il reddito individuale si contrae del 20% o piu' su base annuale, in Italia il 68% di questa riduzione si riflette nella compressione del reddito disponibile della famiglia, contro il 47% in media negli altri paesi" dell'area.  Inoltre, rileva l'organizzazione di Parigi, "anche se nel 2009, la copertura dell'indennita' di disoccupazione e' stata estesa a lavoratori che in precedenza non ne avevano diritto" i sussidi italiani "rimangono tra i meno generosi dei paesi Ocse e uno sforzo addizionale dovrebbe essere fatto per assicurare un sussidio adeguato a tutti i disoccupati, anche se condizionato in maniera rigorosa alla disponibilita' a lavorare e accompagnato da un adeguato pacchetto di attivazione, messo in opera in modo da assicurare l'equilibrio di bilancio".   NÉ STUDIO NÉ LAVORO In generale nell'area Ocse ci sono 44,5 milioni di disoccupati, circa 13,4 milioni in più rispetto al periodo pre-crisi. E i cosiddetti Neet, cioè i giovani che non lavorano e non studiano, nel quarto trimestre 2010 erano 22,3 milioni: 14,6 milioni (inattivi o che non studiano) e 7,7 milioni disoccupati. "Ci sono chiari segnali che la ripresa è in stallo" e questa incide "sulle prospettive di occupazione e disoccupazione a breve termine", sottolinea l'organizzazione di Parigi. Dal rapporto emerge che sette paesi dell'area (Australia, Giappone, Corea, Lussemburgo, Norvegia, Svizzera) hanno tutti mantenuto tassi di disoccupazione tra il 3,5 e il 5,5%, altri sei Paesi hanno ancora un tasso a doppia cifra come Estonia, Grecia, Irlanda, Portogallo, Slovacchia e Spagna. Il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti resta "ostinatamente" sopra il 9% e lo stallo nella ripresa e' "una grave preoccupazione" per il resto dei paesi. COLPITI I GIOVANI Nei paesi in cui la disoccupazione è aumentata significativamente i più colpiti sono stati i giovani, spiega l'Ocse, i lavoratori temporanei e i disoccupati di lungo termine (senza lavoro da più di un anno). Secondo l'organizzazione di Parigi, "la disoccupazione di lungo termine e' anche associata a elevati rischi di poverta', malattia e fallimento scolastico per i figli dei lavoratori colpiti". La disoccupazione giovanile, nel primo trimestre del 2011 si è attestata al 17,3% nell'area Ocse a fronte del 7% di quella che colpisce gli adulti.  I cosiddetti Neet, cio'e i giovani che non lavorano e non studiano sono "ad altro rischio marginalizzazione ed esclusione dal mercato del lavoro". Nel quarto trimestre 2010 rappresentavano il 12,6% dei giovani in eta' tra i 15 e i 24 anni, in rialzo dal 10,6% del 2008.   CONTRATTI E INCERTEZZA Secondo l'Ocse, "per promuovere una più rapida creazione di posti di lavoro e ridurre il dualismo, si dovrebbe varare un'ampia riforma dei contratti di lavoro" che "dovrebbe essere rivolta, in particolare, a ridurre l'incertezza rispetto alle conseguenze del quadro regolamentare sugli esiti delle procedure di licenziamento", sostiene il rapporto che ricorda "che anche se la legislazione restrittiva sui contratti da lavoro a tempo indeterminato potrebbe aver aiutato il paese a contenere l'impatto della recessione sul mercato del lavoro, nella fase attuale tale legislazione potrebbe scoraggiare le assunzioni, soprattutto con contratti permanenti, mettendo dunque a repentaglio la ripresa".  

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