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Confindustria: tasse alle stelle e crescita zero

La presidente della Confindustria Emma Marcegaglia

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Non sono incoraggianti le stime presentate oggi al convegno promosso  dal Centro Studi di Confindustria. La produzione industriale in Italia è rimasta ferma sui livelli di giugno 2010 e ultimamente ha preso a calare. Secondo le stime di viale dell'Astronomia, la produzione è diminuita in luglio per il terzo mese consecutivo (-0,7% su giugno), con un acquisto di -1,3% nel terzo trimestre. Il Centro studi sottolinea che "a più di due anni dall'inizio della ripresa, la distanza dal picco è molto profonda (-18,2% ad aprile 2008) e in alcuni settore appare incolmabile". Tagliate anche le stime di crescita del Pil, che si limitano a un +0,7% nel 2011, e un +0,2% nel 2012. Senza contare che quest'anno, complice la manovra, la pressione fiscale raggiungerà ben il 42,8%, mentre l'anno prossimo supererà il massimo storico attestandosi al 44,1%. Un quadreo che rende impellente l'esigenza di una terapia d'urto per il nostro sistema economico. Allarme di Emma Marcegaglia, la presidente di Confindustria: "Se rimaniamo in questa situazione per un periodo anche non lunghissimo andiamo incontro a un blocco dell'economia italiana", ha commentato. "Stare in queste condizioni - ha aggiunto - è impossibile per il Paese. Con questi spread le banche italiane non riescono a finanziarsi sui mercati, o lo fanno con difficoltà. E questo significa prestare soldi alle imprese con tassi altissimi". Del resto, ha spiegato la Marcegalia, "sono le sfide della politica economica: pochi occupati, poca crescita".  E proprio la crescita "lenta" - ha continuato la numero uno di viale dell'Astronomia, "è il problema dell'Italia, come diciamo da anni. Noi siamo stati spesso insultati per questo, ci hanno detto che eravamo dei corvi. Ma adesso i fatti ci danno ragione" ha concluso. Anche l'Ocse lancia l'allarme, e parla di un "rischio povertà" per il nostro Paese. In particolare, appare grave la situazione del mondo del lavoro, caratterizzato da salari che sono tra i più bassi dei Paesi avanzati. A risentire della crisi sono soprattutto i giovani, precari nel 46,7% dei casi. La disoccupazione giovaile in Italia, infatti, è di ben dieci punti percentuali superiore rispetto alla media europea.  

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