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Il debito conviene a chi investe

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Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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I Bot people hanno drizzato le orecchie. E hanno cominciato a mettere mano al loro portafoglio. Dopo anni di magra, di interessi al lumicino e addirittura di rendimenti negativi, ovvero di capitale rimborsato dallo Stato inferiore rispetto a quanto prestato, il debito italiano è tornato conveniente. Ora il Bot rende il 4% all'anno. Il Tesoro è infatti riuscito ieri a vendere sul mercato tutti gli 11,5 miliardi di euro di Bot in agenda, ma al costo di rendimenti schizzati ai massimi di tre anni e anche se la Bce continui a intervenire per sostenere il debito italiano. Nonostante la volatilità dei mercati e gli spread che continuano la loro parabola ascendente l'offerta di via XX settembre ha trovato una domanda sostenuta da parte degli investitori pari a 18,9 miliardi di euro: il rapporto «bid-to-cover» (più semplicemente il rapporto tra l'offerta e la richiesta) è stato discreto e pari a 1,64. Per ogni miliardo in asta sono arrivate richieste per 1,64 miliardi. Dunque l'interesse per il debito italiano continua a restare alto. La solvibilità nonostante i rischi di declassamento da parte delle agenzie di rating è considerata ancora elevata. Lo Stato italiano è considerato ancora un buon pagatore. Certo per riuscire a vendere i titoli (a sostenere la domanda anche le banche market-maker, che aiutano Via XX Settembre impegnandosi a comprare) l'Italia ha dovuto pagare un premio sempre più alto. Così a vendita finita il Bot a tre mesi, collocato per quattro miliardi, ha dovuto offrire l'1,907%, in netto rialzo dall'1,034% dello scorso marzo. Il vero balzo di rendimento è stato quello registrato dal titolo di stato con la scadenza 12 mesi, venduto per 7,5 miliardi a un tasso del 4,153%, il massimo di tre anni, contro il 2,959% dello scorso 10 agosto, data in cui la Bce aveva appena iniziato a comprare i titoli italiani. Tassi così elevati rappresentano un extracosto per le casse statali e dunque un aggravio di spesa per la gestione del debito monstre (verso i 1900 miliardi di euro) che blocca lo sviluppo dell'economia italiana. Ma l'aumento degli interessi riconosciuti ai sottoscrittori porta un elemento di novità nel panorama degli investitori italiani, soprattutto di quelli più piccoli. Sempre attenti, in tempi di denaro facile e di interessi miseri, anche a uno 0,1% in più per incrementare il patrimonio o quantomeno battere l'inflazione. Dopo l'asta di ieri quelli che erano considerati il parcheggio sicuro della liquidità degli italiani negli anni 80 e 90, e che con l'entrata dell'euro e la stabilizzazione dei tassi di remunerazione nell'Eurozona hanno perso lentamente l'appeal, saranno inevitabilmente riscoperti. I Bot people se ne sono accorti. Non avranno certo i super interessi che potevano mettere in tasca fino al 1994, quando complice l'inflazione alta e la gestione allegra della finanza statale, un sottoscrittore di Bot arrivava a spuntare anche il 20% di interesse, ma con l'inflazione al 2,5%, un 4% lordo che con la tassa rimasta al 12,5% si trasforma in un 3,5% netto, non è assolutamente da buttare. Anzi sul mercato lo Stato comincia a essere competitivo anche con gli strumenti di liquidità delle banche che in alcuni casi arrivano a riconoscere il 3,5% annuo, ma con i flussi tassati con un'aliquota del 27% oggi portata con la manovra di agosto al 20%. Sta di fatto che il debito ora conviene. Non a chi lo fa ma a chi lo compra. E oggi c'è da credere che i risparmiatori si faranno sotto per comprarne altre quote. Al Tesoro c'è una nuova asta questa volta di Btp.

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