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Un giorno con la Lira

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La vecchia Lira

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Prima avvertenza. Questo è solo un gioco. Ma i fendenti che arrivano sull'euro dai mercati finanziari e dagli stessi governi che lo hanno fondato avvicinano l'ipotesi a una possibile realtà. Così dopo il celebre changeover della notte tra il 31 dicembre 2001 e il primo gennaio del 2002, quando tutte le lire degli italiani si trasformarono in sonanti euro, Il Tempo prova a immaginare una giornata dopo il changeover al contrario: la crisi della moneta unica la fa scomparire e i governi sono costretti a riagganciare le loro economie alle vecchie valute nazionali. Seconda avvertenza. Si tratterebbe di un evento non codificabile nelle conseguenze. La lira sarebbe assimilabile a un euro di seconda fascia, dunque più debole del contesto internazionale. Gli investitori chiederebbero interessi più alti per comprare titoli del debito statale. E i costi del finanziamento crescerebbero mettendo in seria crisi le casse del Tesoro. Questo solo un esempio. Che vista l'attualità calza a pennello. Per questo la simulazione è solo un mero esercizio intellettuale. Si comincia dal conto in banca dove la liquidità accumulata in anni di magra (l'ultimo decennio non ha certo brillato per i redditi disponibili) improvvisamente si esponenzializza. I circa 3000 euro di norma presenti sul conto corrente della famiglia Rossi si tramutano in quasi 6 milioni di lire. Se poi ci si trovasse in prossimità del 31 del mese, il salario arriverebbe in banca già nel vecchio conio. Posta una media di di 1500 euro (il caso di un dipendente con una discreta anzianità di servizio) il primo del mese lo stesso nucleo potrebbe contare su un bottino prossimo ai nove milioni di lire. Non male. Almeno nella percezione dei sei zeri finali dopo anni a tre. Il fatto è che, come l'economia insegna e il cittadino apprezza nelle normali spese, non è la somma di euro o lire a dare l'indice di benessere ma le quantità di cose che si possono acquistare. Andiamo avanti comunque. Dunque riempito il portafoglio di bigliettoni con su stampati tra gli altri Caravaggio, Bernini e Alessandro Volta, si comincia una normale giornata con la sosta al bar. E lì la prima sorpresa. Un caffè fino a ieri a 80 centesimi si trasforma nella prima batosta. Al cambio significano 1550 lire. Se ci si aggiunge un cornetto da 70 centesimi si arriva a un euro e cinquanta. Ovvero 3 mila lire. Un bel budget, sicuramente affrontabile, ma se si offre la colazione al collega allora la spesa comincerebbe a diventare importante. Forse è a cena che il changeover farebbe pesare tutta la sua carica esplosiva. Il piatto dell'economicità per eccellenza, ovvero la pizza margherita annaffiata da una birra media e rinforzata da un onesto supplì di riso si concretizzerebbe in un conto prossimo alle 30 mila lire. Per persona chiaramente. Ciò significa che un padre di famiglia con moglie e due figli al seguito in una normale pizzeria cittadina dovrebbe staccare un assegno superiore alle 100 mila lire. Da capogiro invece il pensiero di una cena in un ristorante più blasonato. Il conto per quattro persone potrebbe superare tranquillamente le vecchie 500 mila lire. Il ragionamento vale per tutti i beni e i servizi normalmente acquistati dai consumatori medi. Così ad esempio nell'abbigliamento i listini potrebbero impaurire molti teenager italiani. Un paio di scarpe da running, oggi usate con nonchalance dai giovani e meno giovani sui jeans strappati (e che hanno un costo di circa 80 euro) si trasformerebbero in un piccolo investimento. Il ragazzo dovrebbe passare da papà e farsi mettere in mano ben 160 mila lire. Per un paio di scarpe magari «made in China» comincia a essere un valore percepito come abbastanza elevato. Più si sale e più la spesa tende a diventare un autentico salasso. Basta pensare allo smartphone, il telefonino multifunzione. Impossibile oggi non averne uno. E se in euro il più amato di tutti, l'iPhone della Apple, prezza intorno ai 600 euro, tradotto in lire significa presentarsi alla cassa con 12 biglietti da centomila. Dieci anni fa, nel momento del passaggio all'euro era una cifra pari allo stipendio di un giovane diplomato assunto in un ministero. Anche nel settore dei beni di consumo durevoli come l'auto o negli immobili il paragone con l'euro mette paura. Per sedersi sulla nuova 500 della Fiat, nella versione meno accessoriata servono oggi 12 mila euro. Significa presentarsi alla concessionaria e lasciare o firmare cambiali per 24 milioni di lire. Ma è nel settore immobiliare che il changeover esprimerebbe tutto il suo potenziale moltiplicativo sui prezzi. Già, comprare casa non è stato mai semplice in Italia. Ma il ritorno alla lira creerebbe in Italia una categoria sterminata di miliardari. Cento metri quadrati in una città come Roma, in una zona semicentrale ben collegata e con servizi in quantità sufficiente, hanno una quotazione media tra i 4 e i 6 mila euro. Per quella superficie la spesa si aggira tra 400 e 600 mila euro. A spanne l'assegno da staccare è compreso tra 800 milioni di lire e 1,2 miliardi. Di lire si intende. Ma sempre di miliardi si parla. Il gioco è finito. Di questo si è parlato finora. La rottura del meccanismo monetario non è un'opzione così semplice. E difficilmente i governi europei molleranno una creatura come la moneta unica che nel bene e nel male ha fatto la storia degli ultimi dieci anni. Certo stupisce vedere come il costo delle cose si sia moltiplicato nello stesso lasso di tempo. Inflazione più arrotondamenti hanno lavorato al rialzo sui listini. Chissà se nel caso dei changeover al contrario ipotizzato da Il Tempo i prezzi comincerebbero a scendere.

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