Bond e Bce: è scontro
È rottura fra la Banca centrale europea e una parte dell'establishment della Germania: gli acquisti dei titoli di Stato da parte della Bce, rilanciati su larga scala per finanziare Italia e Spagna contro il parere tedesco, hanno spinto il membro tedesco del comitato esecutivo Juergen Stark a dare le dimissioni. Stark lascerà a fine anno «per motivi personali», conferma la Bce. Poco prima indiscrezioni avevano anticipato la decisione: motivo, gli acquisti dei bond governativi. La decisione non poteva arrivare in un momento peggiore: l'euro, guardando alle difficoltà finanziarie di alcuni Paesi, è in crisi profonda, con l'instabilità che si allarga a due Paesi pesanti (e difficili da aiutare) come Spagna e Italia e la Bce è il custode dell'euro. La Cancelliera tedesca Angela Merkel ha ringraziato Stark per «il grande lavoro» svolto per mantenere la stabilità dell'euro. Mario Draghi, che guiderà la Bce da novembre, ha invece declinato ogni commento sulle dimissioni del membro tedesco mentre il ministro delle finanze tedesco Schauble si è detto dispiaciuto per le dimissioni. Pesanti le ricadute sui mercati, con la divisa unica in calo sotto 1,37 dollari a 1,3640 e i Btp italiani che, nonostante i ripetuti acquisti da parte della Bce, hanno visto lo 'spread' ritornare a 370 punti, a poca distanza dai massimi nella storia dell'euro. Le borse europee sono andate a picco, con Piazza Affari - la peggiore - in calo del 4,93%. Le dimissioni dell'economista 63enne acuiscono, del resto, la divisione nel consiglio direttivo, quello che ogni mese decide la politica monetaria: la fronda guidata dalla Germania è contraria alla supplenza che l'Eurotower offre ai governi fornendo liquidità illimitata alle banche, abbassando l'asticella sulle garanzie (sarebbe in preparazione un nuovo piano 'soft' per gli istituti dipendenti dai suoi fondi d'emergenza), partecipando ai prestiti ai Paesi in crisi e ora ne acquista i titoli di Stato. I tedeschi temono che l'istituto (che sta andando oltre il suo mandato e procede non più all'unanimità) perda la sua indipendenza dalla politica, finisca per monetizzare il debito pubblico, non riesca più a garantire la lotta all'inflazione. L'essere in minoranza su un tema così importante aveva già provocato lo scorso aprile le dimissioni del presidente della Bundesbank Axel Weber. Con l'addio di Stark, che dovrebbe essere sostituito dal vice ministro delle finanze tedesco Joerg Asmussen, Draghi si troverà con il compito di ricostruire il consenso ai vertici della Bce. Trichet ieri è sbottato di fronte alle critiche della stampa tedesca: «Abbiamo assicurato impeccabilmente, impeccabilmente!, la stabilità dei prezzi», aveva detto accalorato. «La doppia crisi, politica e dei conti pubblici, in Italia sarà probabilmente il primo importante test per Draghi». La Bce si affranca, di fatto, dalla tradizione della Bundesbank e diventa un pò più flessibile. Le dimissioni di Stark fanno presagire che il board, ieri, si sia preparato ad interventi pesanti per sostenere i titoli di Stato italiani e spagnoli. Potrebbero non bastare - come ha accennato ieri Trichet - le manovre finanziarie appena varate e i mercati non perdono occasione per scaricare i titoli europei. Allo stesso tempo la mossa del professor Stark rischia di allontanare ancor più l'opinione pubblica tedesca dallo sforzo del cancelliere Angela Merkel di far digerire nuovi aiuti al 'Club Med' d'Europa. Per non dire dell'idea, che comincia a farsi strada anche alla Bce, degli eurobond e soprattutto dell'unione fiscale europea: parole impronunciabili a Berlino.