Al posto dei suv Jeep e Alfa Romeo che saranno prodotti negli Stati Uniti, a Mirafiori verrà realizzata una citycar
Almomento è solo un'ipotesi rimbalzata sulle agenzie di stampa e non commentata da Torino ma che ha fatto sobbalzare i sindacati. Due giorni fa l'amministratore delegato Sergio Marchionne incontrando il governatore del Piemonte Cota aveva confermato gli investimenti ma aveva lasciato in sospeso la questione dei modelli. L'azienda infatti starebbe valutando l'impatto sul costo delprodotto del cambio euro-dollaro visto che la vettura sarebbe destinata prevalentemente al mercato statunitense. I sindacati hanno chiesto all'azienda un incontro per chiarire la situazione, mentre il leader della Cgil, Susanna Camusso, punta a un coinvolgimento del governo. «Palazzo Chigi - ha detto - dovrebbe smetterla di fidarsi di telefonate e annunci e convocare subito un tavolo». Oggi e domani al Lingotto si riuniranno con Marchionne i 22 top manager di Fiat e Chrysler, primo appuntamento del Gec, il più alto organismo decisionale dopo il consiglio di amministrazione, nominato il 28 luglio e d è probabile che questa sia l'occasione per fare chiarezza sulle prossime strategie. Qualcuno nel sindacato torinese ipotizza che la decisione dello spostamento possa essere legata anche al nuovo contratto dei lavoratori della Chrysler in via di definizione, che potrebbe prevedere un accordo per la produzione in Usa dei modelli destinati a quel mercato. L'incertezza non piace ai lavoratori di Mirafiori che già hanno visto sfumare l'ipotesi del monolume L0, realizzato in Serbia. Oltre alla citycar si pensa a un suv Jeep di dimensioni più piccole, ma sono solo ipotesi. Di sicuro c'è che la produzione di una vettura da minori volumi, rispetto ai 280.000 suv previsti per lo stabilimento torinese a partire dal secondo trimestre 2012, rischia di provocare un ridimensionamento dell'organico e nuovi esuberi. «È evidente - afferma Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom - che non esiste più un piano produttivo di riferimento. L'azienda ha ottenuto di avere le mani libere rispetto al Paese e a Torino e si comporta di conseguenza». Per Claudio Chiarle della Fim torinese, «è necessario mantenere la produzione di una vettura di gamma alta con un buon margine di profitto e i volumi produttivi analoghi a quelli previsti finora».