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Eurobond, Germania e Francia voltano le spalle all'Europa

La sede della Bce a Francoforte

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Se l'Europa ha nella Commissione Ue il suo consiglio di amministrazione, che attua e mette in pratica le direttive degli azionisti, ieri due dei principali soci: Francia e Germania lo hanno di fatto sfiduciato. Insomma altro che prove di disfacimento dell'euro, da ieri l'Unione europea è di fatto commissariata. Come non leggere in questo senso la risposta che i due leader, il francese Sarkozy e la cancelliera Merkel, hanno dato al commissario agli Affari monetari, Olli Rhen. Lo stesso che, rimasto in ombra nella fase più dura della crisi borsisica delle ultime settimane, ieri ha preso coraggio e riaffermato il suo ruolo di amministratore di fatto delle cose monetarie d'Europa. Rhen ha fatto sua la proposta più volte evocata anche dal ministro Giulio Tremonti della creazione di titoli di debito europeo, gli Eurobond. Uno strumento che renderebbero la moneta unica meno soggetto ad attacchi speculativi internazionali perché rappresentativi della volontà comune dell'intera area euro e non solo dei singoli Stati nazionali. I bond Ue punterebbero a un rafforzamento della disciplina fiscale e una maggiore stabilità dell'eurozona rispetto ai mercati. «L'Ue potrebbe mettere a punto una bozza sull'emissione comune di eurobond e presentare uno studio sulla fattibilità di titoli comuni» ha detto ieri Rehn che ha aggiunto: «La Commissione si è offerta di presentare un report al Parlamento europeo e al Consiglio per mettere a punto un sistema di emissioni comuni per i titoli di Stato europei». Una proposta comunque da valutare. Ma, ed è questo il punto i soci di maggioranza Francia e Germania hanno immediatamente chiuso la porta all'idea. «Noi non li vogliamo» ha spiegato la Merkel parlando ancge a nome di Sarkozy. Commissione bocciata. E dunque commissariata di fatto o comunque ricacciata nell'angolo. Forse il punto più basso della costruzione dell'Europa. Due governi forti non hanno nemmeno accettato di sedersi a discutere la proposta nell'alveo del Parlamento. Ed è un peccato spiegano i tecnici del Tesoro a Il Tempo. Gli Eurobond potrebbero diventare oltre che uno scudo anti speculativo anche uno strumento di sviluppo. Basterebbe emetterli per finanziare, ad esempio, la costruzione di infrastrutture di trasporto europeo. Grandi corridoi trasversali e verticali tra gli Stati. Le somme raccolte con i bond potrebbero aggiungersi ai cofinanziamenti già previsti da Bruxelles per le stesse opere e, oltre a migliorare la coesione tra i Paesi Ue, potrebbero essere volano di sviluppo del Pil. La loro restituzione potrebbe inoltre essere garantita anche dal fatto che le opere infrastrutturali costruite potrebbero essere pedaggiate. Un esempio potrebbe essere la Salerno-Reggio Calabria. I flussi delle tariffe riscosse garantirebbero il rimborso di interessi e capitale. Non solo. Basterebbe scomputare le cifre raccolte con gli Eurobond dal deficit complessivo del bilancio pubblico per applicarli anche ai Paesi con le finanza più disastrate. La restituzione sarebbe certa, come detto, e il Pil generato porterebbe ricchezza aggiuntiva e maggiori tasse per l'erario. Semplici da applicare ma osteggiati da Francia e Germania custodi di un rigore monetario che rischia di strozzare definitivamente la moneta unica e l'economia europea. Non è un bel segnale. Anche perché è arrivato in una giornata nella quale le borse europee sono andate a picco. Dopo la batosta di giovedì scorso, quando i listini Ue hanno perso 289 miliardi, ieri il conto è stato meno pesante ma comunque salato. Lo spettro della recessione è stato ravvivato da un rapporto di Jp Morgan (banca d'affari di New York con oltre due secoli di attività alle spalle). La sentenza dell'istituto ha confermato quello che il mercato sta già scontando ovvero che ci sono «rischi elevati di recessione» negli Stati Uniti e le attese sulla fine dell'anno si fanno sempre più caute (la banca ha tagliato le stime sulla crescita del pil Usa dal 2,5 all'1% nel quarto trimestre). Su questa base la giornata non poteva chiudersi che con una perdita. Milano ha perso il 2,46%. E 94 alla fine sono i miliardi bruciati tra tutti i listini del Vecchio Continente (7,3 i miliardi virtualmente persi a Milano). Più che il venerdì, a esser nero è ormai tutto il mese di agosto, tra nuovi record anche ieri dell'oro, franco svizzero sempre in trincea, dollaro in picchiata ai minimi dal dopoguerra sullo yen giapponese, e petrolio in calo. Alla fine i mercati Ue sono andati ai minimi da due anni, l'indice Stoxx dei 600 maggiori titoli ha perso l'1,6%. Londra ha perso l'1% e sono attorno al 2% le perdite anche a Parigi, Francoforte, Madrid e Amsterdam. Nella giornata l'oro ritocca il record storico a New York, a 1.880 dollari l'oncia.

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