Shopping cinese nell'Ue
ValerioMaccari Il dragone atterra a Parigi. Dopo le indiscrezioni degli ultimi giorni, arriva finalmente la conferma ufficiale: il gigante francese dell'energia GDF Suez cederà, entro la fine dell'anno, il 30% della sua divisione Esplorazione e Produzione al fondo sovrano cinese China Investment Corporation. Un'operazione da 2,3 miliardi di euro che, precisa una nota congiunta, è solo il primo passo dell'alleanza stretta tra i due gruppi per la cooperazione negli affari a livello regionale, in particolare per l'aerea Asia-Pacifico. La partnership, infatti, prevede anche la cessione ai cinesi, per ulteriori 600 milioni, del 10% dell'impianto per la liquefazione del gas naturale di GDF Suez a Trinidad e Tobago. In cambio, il fondo sovrano si impegnerà a co-finanziare i progetti di GDF in Asia e nel Pacifico. I cui abissi sembrano essere la nuova frontiera degli idrocarburi: giusto a fine luglio, proprio sul fondo dell'oceano più grande del mondo, 15 chilometri al largo del Borneo, l'Eni ha scoperto un nuovo giacimento di gas naturale. Per GDF Suez, quindi, l'alleanza ha un alto valore strategico, permettendole una più rapida espansione nella zona. Ma porterà anche vantaggi finanziari: la cessione delle quote prevista dall'intesa, infatti, dovrebbe avvenire tramite un aumento di capitale e una ristrutturazione finanziaria della divisione Esplorazione e Produzione, riducendone l'indebitamento netto a circa 700 milioni di euro. Una boccata d'aria fresca per il gruppo francese, che sembra attualmente attraversare un periodo di luci ed ombre. Come si può, del resto, riscontrare dai dati semestrali: nella prima metà dell'anno GDF ha aumentato del'8% l'Ebitda e del 7,9% il fatturato rispetto al 2010. L'utile netto archiviato, però, è stato di soli di 2,74 miliardi: superiore ai 2,4 previsti dagli analisti, ma comunque in ribasso del 23,2% sull'anno precedente. E sebbene il gruppo confermi le stime per il 2011, con un Ebitda tra i 17 e i 17,5 miliardi, il previsto congelamento delle tariffe del gas in Francia, sottolinea l'Ad Gerard Mestrallet, potrebbe provocare un mancato guadagno di 340 milioni nel quarto trimestre. L'alleanza con il fondo sovrano cinese, salutata positivamente dalle borse (+3%), potrebbe dunque fornire al gruppo francese la spinta e la liquidità necessarie per risalire definitivamente la china. Per i cinesi, invece, l'accordo con GDF è la conferma definitiva del cambio di rotta annunciato nel 2009, anno della grande crisi e dei titoli tossici. Proprio allora il China Investment Corporation, che risponde direttamente al partito ma è solitamente ermetico con il mercato, aveva dichiarato di volere concentrarsi sull'economia reale. Limitando gli investimenti in debiti sovrani e istituti finanziaro che, dopo le cattive prestazioni dei titoli del tesoro americani e il tonfo di Morgan Stanley e Blackstone, di cui Pechino possiede quote sostanziose, non sono più sembrati un buon affare. Meglio impegnarsi nell'energia e nelle risorse minerarie, vista anche l'esplosione della domanda di materie prime in Cina. La nuova strategia è stata perseguita puntualmente, grazie anche alle ampie disponibilità del fondo (330 miliardi di dollari nel 2009), portando all'espansione soprattutto nel settore delle risorse. Nel corso degli ultimi tre anni il fondo ha comprato decine di giacimenti, e ha rilevato partecipazioni in grandi compagnie non cinesi: in Canada la Teck Resources (di cui possiede il 17%,2%), attiva nell'estrazione mineraria, e la Penn West Exloporation (5%), specializzata in gas naturale. In Russia, invece, il fondo ha rilevato il 45% del Nobel Oil Group. Nel 2010 l'arrivo in Italia di Gao Xinquing, direttore generale del fondo, sembrò preludere ad un'alleanza con Eni. Mai realizzata, anche se Xinquing, a fine luglio, ha assicurato Frattini di voler tornare, per valutare concrete possibilità di ì investimento su Tav, porti e beni immobili. Per il suo ingresso in Europa, però, il dragone ha scelto di puntare su Parigi. Almeno per ora.