Comanda il governo Merkozy
Chi si adegua alle regole dettate dall'asse franco-tedesca sarà «foraggiato», chi non lo farà sarà abbandonato al proprio destino. Chiamiamolo suggerimento, imposizione o ricatto, la sostanza non cambia: all'indomani del vertice Merkel-Sarkozy, è ormai chiaro che i due leader d'Oltralpe sono determinati a stabilire con chiarezza, e per tutti, i parametri per far parte della zona Euro, quella con la moneta forte che tanto piace ai tedeschi per intenderci. Per gli altri o la prospettiva del default oppure, se resistono, tirare a campare con un'economia boccheggiante e un altro Euro, meno pregiato. In Germania non tutti sarebbero dispiaciuti. Basti ricordare che già al momento del suo lancio, almeno due tedeschi su tre dichiaravano di preferire all'Euro il vecchio Marco. L'abbandono della valuta più forte d'Europa per la moneta comune fu la contropartita che Helmut Kohl dovette fornire ai partner europei in cambio del nulla osta alla riunificazione della Germania. Ma il patto era che la Bce avrebbe dovuto adottare lo stesso rigore della ex Bundesbank, cosa che l'allargamento dell'area Euro a paesi meno virtuosi, dettato più da criteri geopolitici che economici, non ha consentito. Ora dunque il tema si ripropone grazie ad una lettera che il presidente francese, Nicolas Sarkozy, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, hanno inviato al presidente dell'Eurogruppo, Herman Van Rompuy, per chiedere che i Paesi dell'Eurozona «attuino rapidamente le riforme strutturali, comprese quello che riguardano le pensioni». La missiva firmata dai leader di Francia e Germania contiene le proposte uscite dal bilaterale di Parigi, su un rafforzamento della governance dell'Eurozona e sulla tassa sulle transazioni economiche, che i ministri delle finanze dei due Governi dovrebbero presentare a settembre. Ma il passaggio chiave è quello per il quale «dovranno essere integrati al nuovo regolamento fondi strutturali e di coesione che saranno proposti per il prossimo quadro di finanziamento pluriennale». E ancora: «I fondi strutturali e di coesione devono servire ad appoggiare le riforme indispensabili per migliorare la crescita economica e la competitività nell'Eurozona». Secondo la lettera firmata da Merkel e Sarkozy, «nei paesi sotto programma, la commissione dovrà procedere automaticamente a un controllo per verificare che questi fondi strutturali sostengano in maniera ottimale il programma di aggiustamento macroeconomico e dovrà anche partecipare alla selezione e alla messa in opera dei progetti. I fondi non utilizzati dai paesi sotto programma potranno essere in un fondo per la crescita e la competitività che sarà gestito a livello europeo da parte della commissione. In futuro, i pagamenti derivati dai fondi strutturali e dalla coesione dovrebbero essere sospesi nei Paesi della zona Euro che non si conformeranno alle raccomandazioni della procedura sui disavanzi eccessivi». Et voilà, nero su bianco. Chi non si adegua è fuori, senza se e senza ma. Esattamente ciò che voleva la Germania che, a dispetto delle apparenze che la vedono a braccetto con la Francia, ha invece colto il momento di difficoltà - e dunque di debolezza - dei francesi per mettere Sarkozy di fronte più o meno al bivio che oggi «offrono» al resto d'Europa: o con me o contro di me. E dato che l'economia tedesca è l'unica a «tirare» in questo momento (almeno per ora, visto che i segnali di una contrazione sono arrivati anche per loro), i cugini d'Oltralpe non hanno avuto poi tanta scelta. La Commissione europea, una volta ricevuta la lettera inviata dalla cancelliera tedesca e dal presidente francese, ha fatto trapelare che nei contenuti «i messaggi sono molto più precisi e le proposte contengono più dettagli» di quelli di cui finora Bruxelles era a conoscenza, dissipando così i dubbi. Il giudizio complessivo della Commissione Ue sulle proposte franco-tedesche resta quindi sostanzialmente invariato rispetto a quello delle scorse ore, anche se c'è almeno un punto di frizione con Parigi e Berlino, proprio sulla richiesta di blocco dei fondi strutturali Ue per i paesi non virtuosi, su cui Bruxelles non è d'accordo. L'Europa a due velocità, dunque, resta un pallino dei tedeschi, che non a caso hanno lasciato cadere la proposta di Eurobond, titoli di debito comuni dell'eurozona garantiti in modo congiunto da tutti i Paesi: «Francia e Germania - ha chiosato la Merkel - sarebbero chiamati a garantire per il debito di tutti, ma senza poter averne il controllo». In poche parole: non mischiamo i forti con i deboli. Accanto allo strapotere franco-germanico c'è la Bce «ortodossa» di Trichet, che non a caso ha più volte sottolineato come la «la Bce è orgogliosamente indipendente e autonoma». Trichet ha combinato la durezza sull'inflazione alla flessibilità sul ruolo della banca come pilastro dell'unione monetaria europea, appoggiando fino a oggi la linea rigorista di Berlino e Parigi.