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S&P: stabile il rating francese

Bus turistico davanti alla sede di Standard & Poor's a New York

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L'agenzia Standard & Poor's ha tagliato per la prima volta in 70 anni il rating degli Stati Uniti, abbassandolo dal massimo possibile (AAA)  a un gradino più in basso (AA+), ma non intende modificare il rating di tripla 'A' per la Francia. "Il rating francese è stabile", ha dichiarato oggi a France Inter Jean-Michel Six, capo economista di SP per l'Europa, sottolineando che "leadership politica e buona governance" sono fattori essenziali per le decisioni di revisione del rating. A Washington in attesa della prova del nove - l'apertura dei mercati domani - quello che resta è lo scambio di accuse e la girandola di commenti dai quattro angoli del mondo. L'agenzia di rating ha difeso il proprio operato, puntando l'indice contro l'incapacità dell'amministrazione e del Congresso americano di lavorare in modo costruttivo sulle questioni fiscali (la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il braccio di ferro sull'innalzamento del tetto del debito, con il default evitato per un soffio). Casa Bianca e dipartimento al Tesoro hanno rispedito al mittente le accuse, la prima definendo il compromesso sul deficit "un passo necessario nella giusta direzione", mentre il secondo ha sollevato dubbi sulla "credibilità e l'integrità di S&P alla luce di una decisione non giustificabile in modo razionale e basata su un erore di calcolo da 2.000 miliardi di dollari" sull'andamento del debito americano nei prossimi dieci anni. Anche se la scelta di S&P non dovrebbe rappresentare uno shock per i mercati - l'investitore miliardario Warren Buffett è per esempio del parere che l'impatto "sarà solo limitato" - il downgrade ha immediatamente scatenato timori a livello globale sul suo possibile impatto sulla già travagliata economia globale.   Duro il monito della Cina, primo creditore degli Stati Uniti con investimenti in bond americani per 1.160 miliardi di dollari, secdeve "l'America deve venire a patti con il doloroso fatto che i bei vecchi tempi, quando poteva semplicemente uscire dai guai indebitandosi ulteriormente, sono finalmente passati".  In generale, i governi asiatici hanno risposto con cautela al downgrade, in attesa di capire se la decisione di Standard & Poor's minerà la fiducia già traballante degli investitori e ridurrà il valore dei loro ingenti investimenti in bond americani. Uno scenario possibile è che si moltiplichino ora le pressioni a trovare un'alternativa al dollaro come moneta di riserva globale, convincendo i Paesi asiatici a diversificare i propri investimenti. La vera partita è tutta politica e si gioca a Washington. Barack Obama è ora il primo presidente durante il cui mandato gli Stati Uniti hanno perso la valutazione massima e, con essa, parte della loro credibilità davanti al resto del mondo. La prima potenza mondiale non è abbastanza affidabile e questo è un argomento su cui i suoi avversari politici non mancheranno di fare leva da qui alle presidenziali del 2012. Qualcuno ha già cominciato: questa decisione "è il risultato delle pessime scelte dell'amministrazione", ha detto l'ex governatore del Massachusetts Mitt Romney, in cerca della nomination repubblicana per la Casa Bianca. Dello stesso tenore il commento del presidente della Camera John Boehner, secondo cui "questa è solo l'ultima conseguenza delle spese senza controllo che ci sono state a Washington per decenni. Si sono tradotte in un'incertezza economica in grado di distruggere posti di lavoro e che ora minaccia di avere effetti distruttivi sui mercati del credito".

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