Governo bifronte sulla casa
diMARLOWE La manovra che Mario Sechi ha definito socialista si arricchisce di un'altra puntata. Anzi, di un'altra conferma. Tra le agevolazioni fiscali che Giulio Tremonti intenderebbe ridurre nella misura del 5 per cento nel 2013, e del 20 nel 2014, c'è l'esenzione dal reddito Irpef della prima casa. Insomma, se è così ritorna, sia pure parzialmente, l'Ici. Salvo, certo, smentite che ad oggi risultano non pervenute. Siamo in grado di fornire sul'argomento qualche retroscena. A primavera scorsa, poco prima della batosta del centrodestra nelle elezioni amministrative, il ministro dell'Economia viene sottoposto a un intenso pressing dal Cavaliere, che considera indispensabile offrire agli elettori la famosa e più volte promessa riduzione delle aliquote sulle imposte dirette. Si può fare - è la risposta di Tremonti - però a saldi invariati, riducendo cioè la mole di detrazioni e deduzioni che erodono la base imponibile. «L'importante - spiega in particolare il ministro al premier - è lasciare più soldi nelle tasche dei cittadini. Saranno poi loro a decidere se vogliono utilizzarli per mandare i figli in palestra o per rifarsi gli infissi». Il discorso convince fino a un certo punto quelli che hanno più accesso a palazzo Chigi e dintorni. Tutti sanno infatti che tra le principali deduzioni non ci sono tanto il fitness per i figlioli, quanto quelle sulle case. In particolare, quella «della rendita catastale dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e relative pertinenze». Così essa figura nei dossier preparati dai tecnici tremontiani, che la stimano 3,311 miliardi di euro l'anno. Non solo. Ad essa, sempre riunita nel capitolo «casa» elaborato dallo staff del ministro, ed evidenziato nel fascicolo con un bel colore giallo, si aggiungono anche le facilitazioni per interventi di riqualificazione anergetica (valore 800 milioni), peraltro già ridotte, ed inoltre le detrazioni per gli interessi sui mutui sempre per la prima casa (1,56 miliardi) e per le ristrutturazioni edilizie (1,79 miliardi). In concreto, l'intero capitolo della prima abitazione - che riguarda 24,2 milioni di contribuenti, in pratica l'80 per cento delle famiglie - vale agli occhi di Tremonti 7,4 miliardi. Molto di più di quanto verrebbe restituito sotto forma di riduzione delle aliquote, almeno con il primo e secondo modulo, quelli sui redditi medio-bassi. L'intesa è però, appunto, che ogni eventuale riduzione di questi sgravi debba servire a finanziare i tagli delle imposte dirette. Ma il Cavaliere non si fida, tanto che a giugno scorso chiede e ottiene dal ministro una smentita secca: «Mai aumentaremo le imposte sulla prima abitazione e sui risparmi». La cosa, allora, appare addirittura scontata. Il primo atto di questo governo è stata l'abolizione dell'Ici: lo si può reintrodurre sotto altre forme, e per giunta a fine legislatura? Inoltre non si è sempre sostenuto, anche da parte di Tremonti, che il patrimonio delle famiglie, la ricchezza reale (case) e finanziaria (risparmi), è ciò che rende sostenibile il nostro debito pubblico anche in sede europea? Eppure... Eppure all'inizio di luglio accade il patatrac. Il debito italiano entra nel mirino della speculazione, lo spread tra Btp e Bund si amplia a dismisura, i rendimenti che il Tesoro deve pagare salgono a livelli vertiginosi. Tremonti, giura chi gli è vicino, si mette una gran paura. E impone in fretta e furia una manovra che nominalmente vale 48 miliardi di euro, ma di fatto sale ad oltre 70. L'operazione incorpora infatti anche la delega fiscale: dalla quale però è scomparsa la riduzione delle aliquote, mentre è rimasto, blindato fin da ora per legge, il taglio delle deduzioni e detrazioni. Insomma, con tutti i benefici «lost in space», ci impegnamo da subito a pagarne il conto. Attraverso appunto quel taglio da effettuarsi se il Parlamento (quale, visto che si parla del 2013-2014) non approva prima la riforma dell'assistenza, e secondo la logica molto tremontiana della linearità: cioè con una passata di pialla su tutto. Insomma, la stangata è in arrivo. E, ironia della sorte, confezionata in partenza come premessa di una riduzione delle imposte. Naturalmente confidiamo ancora nelle smentite. Diversamente, dopo avere imposto una patrimoniale sul risparmio con la tassa progressiva sui depositi titoli, il governo che si definisce liberale ne imporrà un'altra, ancora più sostanziosa, sulla prima abitazione. Per la quale - tra 20 per cento di rendita catastale, riduzione dello sgravio sui mutui e delle agevolazioni su ristrutturazioni e risparmio energetico - si può stimare un importo di alcune centinaia di euro l'anno per un appartamento da mille euro di rendita (ovviamente rivalutata). Non stiamo certo parlando di attici ai Parioli o San Babila. I conti del resto li sanno fare tutti. Qual è il senso politico, oltre che pratico, di simili operazioni? Per reintrodurre la tassazione della casa di residenza, e per colpire i risparmi, ci voleva appunto un governo liberale e di centrodestra. Anzi, socialista.