Prima regola, non perdere soldi
Ho davanti a me tre libri: Il Secolo Americano del poliedrico Geminello Alvi, Il nuovo paradigma per i mercati finanziari di George Soros e Le regole non scritte della finanza e dell’investimento di Robert Cole. Tutti parlano di soldi. Ma soprattutto ci insegnano qualcosa sulla nostra vita quotidiana. Cito un passo del sublime libro di Alvi: «Dov’è la fabbrica? Dov’è la Borsa? Dove la banca del futuro? Più nessuna felicità consueta a incarnarla, che non sia l’evanescenza volatile di un computer». Il nostro lunedì nero o bianco o grigio si decide così, di fronte a un computer. Certo, oggi si riunirà l’Europa e la Consob prenderà le sue inutili decisioni, ma quel che conta sta in un altrove smaterializzato e titanico. Le istituzioni pensano alla finanza come a un mercato perfetto basato sulla conoscenza e in grado di autocorreggersi. Bello. Ideale. Solo che poi leggi Soros e tutto questo mondo perfetto va in frantumi. Pensiero e realtà sono dissociati, mentre l’irrazionalità si sposa in un matrimonio d’interesse con il trading che genera il figlio del capital gain. Money. Soldi. E allora? In nostro soccorso viene il libro di Cole che ci ricorda le due regole fondamentali di Warren Buffett. Regola numero uno: non perdere soldi. Regola numero due: non dimenticare la regola numero uno. Oggi, domani e per molti anni ancora l’Italia deve difendere i suoi conti che sono sinonimo di stabilità e benessere. Se ben amministrati. In caso contrario, instabilità e povertà sono dietro l’angolo. Non sono un adepto della scuola catastrofista, i lettori de Il Tempo lo sanno, ma un dibattito pubblico che si disperde in lodi (e risarcimenti) in un simile momento, traccia un destino: perderemo soldi.