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Eurozona sul baratro. Grecia in crisi

Il presidente della Commissione Europea Jose Manuel Barroso

Il crac di Atene aiuta il Cavaliere

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Finora era poco più di una illazione, uno spettro che aleggiava a ogni riunione dell'Eurogruppo, un incubo che i ministri delle finanze europee pensavano di poter scacciare. Ma ieri il commissario europeo, la greca Maria Damanaki, ha detto fuori dai denti come stanno le cose: «Lo scenario per la rimozione della grecia dall'euro è ormai sul tavolo». Nel sito personale in greco, la Damanaki che è anche esponente del partito socialista al governo, alza il sipario sulla drammatica crisi del suo Paese. «Sono obbligata a parlare apertamente. Abbiamo la responsabilità morale di guardare al dilemma con chiarezza: o troviamo un accordo con i creditori in modo che il nostro programma di duri sacrifici abbia risultati, oppure torniamo alla dracma». Immediatamente, a raffica le smentite da Bruxelles. Il portavoce del presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso è categorico: «La Grecia fuori dall'euro non è un'ipotesi che prospettiamo», mentre Amadeu Altafaj Tardio, portavoce del commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn, ha ripetuto che «lo scenario di un'uscita della Grecia dall'euro non è mai stato sul tavolo dei ministri delle Finanze». Sempre dalla Commissione, in modo informale, è stato fatto sapere che «la commissaria Damanaki, parlando a titolo personale, ha drammatizzato la situazione, ma ciò che dice, in realtà, non è diverso da quanto va ripetendo l'Esecutivo Ue: ovvero che la Grecia ha bisogno di prendere misure molto dure per i suoi cittadini» per risanare il suo bilancio, rispettare il programma concordato con la Ue e il Fmi, per continuare a ottenere finanziamento per il proprio debito sovrano. Poi Bruxelles fa sapere che l'uscita di un Paese dall'euro non è neanche contemplata dai Trattati Ue, e non ci sono procedure per espellere uno Stato membro neanche se lo chiedesse lo stesso interessato. Sta di fatto che il caso della Grecia rischia di mandare in frantumi l'Eurozona o quantomeno di rivelare il fallimento del progetto comunitario già emerso più volte per i dissidi interni e la difficoltà a elaborare un'azione politica unitaria. Il rischio reale è l'effetto domino, ovvero che il caso Grecia contagi altri Paesi con i bilanci malmessi, come Spagna e Portogallo, o induca la Germania, unico motore dell'Eurozona, a chiudere i rubinetti degli aiuti. Nella Ue tutti sono concordi che i 110 miliardi di euro concessi alla Grecia l'anno scorso non sono sufficienti per permettere al governo di George Papandreou di far fronte ai titoli in scadenza l'anno prossimo, ma tra loro non c'è ancora nessun accordo su come colmare la voragine. Berlino e i suoi alleati nella Ue premono affinchè la Grecia metta a posto i propri conti attraverso un drastico piano di tagli alla spesa ed una ristrutturazione del debito. La Bce, invece, è decisamente contraria a questa ipotesi definendola una sorta di «film horror» e piuttosto che allungare le scadenze o tagliare i pagamenti ai creditori, chiede che siano gli altri stati membri dell'Eurozona a contribuire a ripianare il buco di bilancio ellenico se Atene non dovesse farcela da sola. L'agenzia Fitch ha ammonito che sarebbero alti i rischi di un contagio per le banche tedesche con la ristrutturazione del debito ellenico. Da tempo contrario ad una ristrutturazione è anche il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, e oggi ha inoltre sottolineato che una «ristrutturazione soft» non sarebbe sufficiente a risolvere la crisi finanziaria in cui è piombata la Grecia. Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, parlando a Berlino davanti a una platea di politici ed economisti conservatori, non ha nascosto che la situazione generale in Europa è difficile. L'eredità lasciata dalla crisi è «complessa e difficile da gestire»: sulla strada della ripresa c'è la «grande sfida» del debito e dei deficit pubblici, oltre al «pericolo chiaro e presente» di un surriscaldamento dell'inflazione. E in Italia? Sembra ormai scontata la manovra di aggiustamento di circa 40 miliardi per arrivare al pareggio di bilancio nel 2014 come ha detto il sottosegretario all'Economia, Luigi Casero anche se in serata Berlusconi ha smentito un'ipotesi di questo tipo. Ma una stretta rischia di ostacolare la crescita dell'economia che è già molto lenta. L'Ocse, nel suo economic outlook, pur riconoscendo i meriti del governo in tema di disciplina di bilancio, dice anche che l'Italia soffre ancora e soffrirà il prossimo anno di una crescita lenta, con una occupazione che fatica a prendere quota.

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