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Bce contro la revisione del debito greco

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LaBce invece boccia sonoramente ogni ipotesi di ristrutturazione pilotata del debito greco. Anche quella soft lanciata dal presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, che prevede solo un allungamento delle scadenze dei titoli. Può essere «solo una soluzione di ultima istanza», ha ammonito il numero due dell'Eurotower, Vitor Constancio, aggiungendo che questo «non è il caso della Grecia». Ma a scendere in campo contro un «default controllato» della Grecia sono anche Jurgen Stark e Lorenzo Bini Smaghi, rispettivamente capo economista e membro del board della Banca centrale europea. Francoforte, insomma, tira su un vero e proprio muro per arginare ogni tipo di scorciatoia, voluta soprattutto dai Paesi dell'Eurozona stanchi di dover salvare i partner in difficoltà, dalla Grecia all'Irlanda al Portogallo. Tra l'altro senza che la crisi dei debiti sovrani accenni ad affievolirsi. Le scorciatoie - ha ricordato Constancio - non solo non risolverebbero i problemi di Atene, ma finirebbero per causare «conseguenze peggiori» per il sistema bancario greco e per la stabilità finanziaria dell'intera Eurozona. Questo sia che si tratti del cosiddetto "haircut" (il taglio del valore nominale e dei tassi di interesse sui titoli di Stato), la soluzione più drastica; sia che si tratti del cosiddetto 'reprofiling', vale a dire il riscadenzamento dei bond già a partire dal 2012, la soluzione più morbida. «Ora si parla di «soft restructuring» - ha sottolineato Bini Smaghi - cercando di inventare qualcosa per ridurre il peso del debito. Come se, in una società avanzata, il fatto che gli Stati non rimborsino i debiti non sia un fattore devastante per la stabilità finanziaria complessiva. Infatti - ha aggiunto - se si pensa di consentire agli Stati di non rimborsare i debiti l'impatto immediato è sul sistema bancario». Intanto la cancelliera tedesca, Angela Merkel, tuona contro i Paesi in difficoltà che pensano di evitare i dovuti sacrifici: «Non si tratta solo di non fare debiti - ha detto - si tratta anche del fatto che in Paesi come la Grecia, la Spagna e il Portogallo non si può andare in pensione prima che in Germania». E ancora: «Non possiamo avere una moneta unica e alcuni hanno molte vacanze mentre altri molte di meno». Insomma, in tempi così difficili, il messaggio da Berlino è anche questo: i greci lavorino di più e facciano meno ferie.

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