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La lente dei Pm su Parmalat

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Il logo della Parmalat sullo stadio Tadini a Parma

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Scendono in campo i magistrati e la Guardia di Finanza nella vicenda della scalata della francese Lactalis alla Parmalat. I reati contestati sono aggiotaggio e insider trading, in parole povere l'uso di informazioni riservate relative per l'arricchimento personale. Nella complessa vicenda per conquistare il controllo dell'azienda di Collecchio, risanata dopo un crac da 10 miliardi di euro e tra le invettive di migliaia di risparmiatori truffati, è intervenuta ieri la Procura di Milano con perquisizioni e sequestri di documenti ritenuti utili per ricostruire quanto accaduto nella partita finanziaria che ha portato all'Opa (l'Offerta pubblica di acquisto) da parte della società francese. In tutto sono sei le sedi milanesi perquisite dagli uomini delle Fiamme Gialle. Si tratta di Credit Agricole e Societè Generale, le banche con cui Lactalis aveva sottoscritto contratti di equity swap su azioni Parmalat, nel mirino dell'inchiesta del pm Eugenio Fusco anche Image Building, società di comunicazione utilizzata dalla società francese Lactalis, e Brunswick il gruppo di comunicazione utilizzato invece dai tre fondi. E ancora: Lazard, l'advisor dei tre fondi e Intesa Sanpaolo, la banca che ha tentato la cordata italiana. Quattro, invece, le persone indagate. Si tratta di Fabio Canè e Patrizia Micucci, rispettivamente manager di Intesa Sanpaolo e responsabile per l'Italia della divisione Coverage and Investment banking di SocGen, sposati e presunti complici dell'operazione che ha permesso a Lactalis di comprare il 15,3% del capitale di Parmalat detenuto dai fondi. Per il primo l'accusa è di insider trading, secondo i pm avrebbe divulgato alla moglie il prezzo dell'offerta di Intesa, favorendo così l'avversario francese. È accusata di aggiotaggio, invece, la Micucci, che ha coordinato l'acquisto che ha permesso a Lactalis di salire fino al 29% della società di Collecchio. Rispondono di aggiotaggio anche Carlo Salvatori, numero uno di Lazard in Italia e Massimo Rossi, il cui nome è comparso come possibile candidato al ruolo di amministratore delegato nella lista presentata dai fondi al cda di Parmalat. Secondo gli inquirenti, Canè era «in possesso di informazioni privilegiate relativamente al prezzo che avrebbe offerto Intesa SanPaolo per l'acquisto del 15,3% del capitale di Parmalat dai fondi le comunicava, al di fuori del normale esercizio della sua funzione, a Patrizia Micucci advisor di Lactalis, concorrente di Intesa». Un comportamento che, dalla ricostruzione della Procura, ha garantito alla società francese un vantaggio sul concorrente italiano. Le informazioni fornite da Canè hanno permesso, si legge nel decreto di perquisizione, «al gruppo Lactalis di offrire un prezzo di poco superiore a quello di Intesa, sufficiente all'acquisto del 15,3% del capitale di Parmalat». Un reato che il manager di Intesa avrebbe messo in atto a partire dal 18 marzo scorso, giorno del deposito della lista Intesa per il cda di Parmalat «quando l'informazione non era in possesso del pubblico». Gli uomini della Guardia di Finanza di Milano hanno perquisito oltre all'abitazione dell'uomo, anche l'ufficio personale e tutto quanto nella sua pertinenza per cercare elementi utili alle indagini. Diversa, invece, la posizione dei tre indagati per aggiotaggio, i quali «diffondevano - scrive la procura - false notizie e ponevano in essere artifizi, concretamente idonei ad alterare il corso del titolo Parmalat». Nel decreto di perquisizione si ripercorrono le tappe della scalata alla società di Collecchio a partire dal 25 gennaio scorso, quando i fondi firmano l'accordo di coordinamento precisando «che avrebbero accompagnato Parmalat in una nuova fase di sviluppo». Promesse a cui seguono, l'8 marzo scorso, le dichiarazioni di Carlo Salvatori, numero uno di Lazard in Italia e, garante della serietà dei fondi esteri. L'inchiesta arriva fino al 22 marzo scorso, quando SocGen definisce per conto di Lactalis lìacquisto delle partecipazioni detenute dai tre fondi. Per quanto concerne il ruolo di Patrizia Micucci, è lei, secondo l'accusa che ha «coordinato l'operazione che ha permesso a Lactalis di comprare il 15,3% del capitale di Parmalat detenuto dai fondi esteri e alla stessa società di arrivare a detenere il 29% di Parmalat stipulando 3 o più contratti di equity swap con la stessa Socgen e con Crèdit Agricole». Gli uomini della Guardia di Finanza hanno anche sequestrato documenti ed e-mail per «ricostruire puntualmente i contatti» tra SocGen, Lactalis e i tre fondi esteri, Zenit, Mackenzie e Skagen. Acquisiti, inoltre, i documenti per indagare su eventuali responsabilità giuridiche degli enti. Interviene con una nota il gruppo Lactalis. «Certo della totale correttezza e trasparenza delle sue operazioni di acquisto di azioni di Parmalat il gruppo Lactalis è a completa disposizione delle autorità». Rompe il silenzio anche la banca guidata da Corrado Passera. «Intesa Sanpaolo non ha mai avuto evidenze di elementi in base ai quali ritenere l'operato del dottor Fabio Canè lesivo degli interessi della banca», fa sapere un portavoce.

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