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I sospetti dell'ad sulla scalata

L'ad di Parmalat Sandro Bondi

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Tutto sarebbe partito da un esposto presentato dall'amministratore delegato di Parmalat Enrico Bondi dopo movimenti anomali del titolo in Borsa. A febbraio la Consob fa scattare gli accertamenti che continuano e sono rivolti in diverse direzioni, compresa l'ipotesi di manipolazione del mercato e quella di un concerto tra i fondi esteri e il gruppo francese. Il 25 marzo si muove anche la procura di Milano aprendo un fascicolo a carico di ignoti per far luce sull'operazione che nei giorni precedenti aveva portato Lactalis a detenere un pacchetto complessivo pari al 29% in Parmalat. Sempre il 25, il pm Fusco ascolta Bondi come persona informata sui fatti. Una delle ipotesi su cui si lavora è che si sia cominciato ad accantonare la «provvista» di azioni Parmalat in un periodo antecedente rispetto a quando Lactalis ha reso noto di aver siglato con Societè Generale e Credit Agricole tre contratti di equity swap sul capitale Parmalat. Ma se il punto di inizio è chiaro, resta ancora nebbia fitta sul se e come l'inchiesta milanese potrà cambiare le sorti di Collecchio riportandola verso mani italiane. In sostanza, a chi serve la nuova tempesta giudiziaria sul destino del gruppo di Collecchio? Proviamo ad azzardare qualche scenario. Può servire all'Italia per fermare la scalata di Besnier? Uno dei possibili risultati dell'inchiesta potrebbe essere la richiesta di sequestro di quel 15% venduto dai fondi ai francesi ma i tempi della giustizia sono molto più lenti di quelli del mercato. Non solo. Gli accertamenti della Consob non avranno impatto sull'esame del prospetto informativo per l'Opa di Lactalis, per il quale è atteso il via libera entro sabato. È possibile che l'autorità di controllo della Borsa chieda all'azienda francese di integrare il prospetto con un'avvertenza agli azionisti sui rischi relativi all'indagine giudiziaria in corso. Ma fin qui, almeno, niente di più. Va inoltre sottolineato che Lactalis non è al momento oggetto di alcuna indagine. Non a caso ieri a Piazza Affari il titolo Parmalat ha chiuso la seduta invariato a 2,6 euro dopo essere stato poco mosso per tutta la giornata. Una calma piatta che può essere interpretata in due modi: o il mercato è convinto che il putiferio giudiziario non ribalterà la partita. Oppure è rimasto alla finestra, confuso e disorientato, in attesa degli eventi. Oggi pomeriggio, intanto, si riunirà il consiglio d'amministrazione del gruppo di Collecchio per approvare i conti del primo trimestre ma forse anche per esaminare la fairness opinion sull'offerta da 2,6 euro per azione. A mettere a punto il documento sono l'advisor Goldman Sachs e gli studi legali Lombardi Molinari, Shearman & Sterling e Legance. Secondo le attese i consulenti potrebbero constatare che il prezzo messo sul piatto non sia equo, considerato peraltro che Lactalis ha pagato 2,8 euro per azione per acquistare il 15,3% dagli stessi fondi. Sul sfondo poi resta il verdetto Consob necessario per dare il via al lancio dell'Opa. La Commissione guidata da Giuseppe Vegas potrebbe dare una risposta tra oggi e venerdì, così come indicato dallo stesso presidente, che si era detto fiducioso di esaminare la questione prima del previsto. Tornando al «cui prodest» iniziale e azzardando un possibile dietrofront dei francesi spaventati dai risvolti giudiziari dell'operazione Parmalat, vanno inoltre considerati alcuni effetti indesiderati: il gruppo alimentare verrebbe sì strappato a Parigi, ma si riproporrebbe il problema di mettere insieme una cordata italiana per sostenere l'impegno finanziario della Cassa Depositi e Prestiti nel rilancio dell'azienda. A meno che i pm non impongano il sequestro di quel 15% venduto a Lactalis dai fondi. Allora si tornerebbe al punto di partenza: ovvero la battaglia in assemblea, rinviata a fine giugno. O forse, e questo è l'ultimo scenario che circolava ieri nella City milanese, l'inchiesta e l'effetto –caos da essa generata può servire alle banche (Intesa in primis) per partecipare più attivamente al futuro riassetto di Parmalat magari ottenendo che sulla poltrona di amministratore delegato venga messo un manager italiano. Il nome c'è già: l'ex numero uno di Wind, Luigi Gubitosi.

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