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Fiat alla conquista di Chrysler

L'ad di Fiat Sergio Marchionne

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Nemmeno ventiquattr'ore dopo aver detto che l'aumento in Chrysler sarebbe stato questione di giorni, ieri l'annuncio che i tempi sono stati bruciati. Con una nota la Fiat ha comunicato di aver acquisito un altro 5% salendo dal 25% al 30% della casa di Detroit. «È stato raggiunto il secondo dei performance event previsti» dicono al Lingotto e spiegano che le quote di partecipazione in Chrysler sono ora così divise: Uaw Veba 59,2%; Fiat 30%; Tesoro Usa 8,6% e Governo canadese 2,2%. Ma questa è solo una tappa. L'amministratore delegato Sergio Marchionne, durante la presentazione della gamma Jeep per l'Europa alla pista Fiat di Balocco, ha indicato come possibile obiettivo quello di andare oltre il 51%. «Non è detto che ci fermiamo al 51%. È un business interessante. Ci crediamo» ha detto il manager. Ma se all'assemblea degli azionisti di fine marzo, Marchionne si era mostrato fiducioso di raggiungere il 51% di Chrysler entro fine anno, ieri è sembrato più cauto. La conquista del controllo potrebbe slittare al prossimo anno, in relazione a quando la casa di Auburn Hills sarà in grado di rimborsare i prestiti col governo per cui sta negoziando con le banche. L'aumento al 30% rappresenta il raggiungimento del secondo step previsto dall'accordo tra Fiat e Chrysler. Il Lingotto potrà aumentare ancora la quota al 35% quando sarà raggiunto il terzo Performance Event che prevede la produzione negli Stati Uniti di una vettura basata su una piattaforma Fiat con prestazioni di almeno 40 miglia per gallone. Novità potrebbero venire a breve anche dal fronte russo. Tra i partner con cui Fiat sta parlando in Russia c'è anche la Tagaz. «Tecnicamente» Fiat potrebbe anche operare anche da sola nel Paese, ma «sarebbe più facile con un partner», ha detto Marchionne e ha aggiunto che sono in corso trattative con la banca pubblica russa Veb per finanziare la creazione di un impianto destinato a produrre fino a 300mila unità nel Paese. Fiat dovrebbe annunciare a maggio novità sulla sua strategia in Russia. Questa operazione è stata criticata dalla Fiom. Secondo il sindacato dei metalmeccanici della Cgil «c'è il rischio che l'azienda americana diventi la testa dell'auto italiana». Per il segretario generale Landini il problema dell'italianità dell'azienda si pone in maniera urgente per cui bisognerebbe «avviare una discussione che coinvolga il governo». Intanto è nata Fabbrica Italia Mirafiori spa che segue l'avvio nel luglio 2010 di Fabbrica Italia Pomigliano. E per Mirafiori c'è stato un incontro al ministero dello Sviluppoe conomico per valutare il progetto del Fondo Cape, dell'imprenditore siciliano Simone Cimino, che potrebbe partecipare alla riconversione industriale del sito. Previsto un investimento di oltre 119 milioni per la produzione e la commercializzazione di auto elettriche nonchè per la produzione di batterie elettriche con cui impiegare, a regime, nel 2016, circa 910 lavoratori.

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