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La Philips dopo 80 anni spegne la sua tv

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Lequattro stelline divise dall'onda nel marchio Philips smetteranno di brillare per sempre sulle televisioni costruite dal gruppo olandese. Da ieri il gruppo che ha sede ad Amsterdam e che ha sempre commercializzato tutto in anticipo rispetto agli altri produttori di tecnologia, non produrrà più le tv. Il controllo dello storico business passerà a un'azienda di Hong Kong, la Tpv Technology. Che si metterà in pancia il 70% della divisione di business dedicata e lascerà in Europa solo il 30% e una lauta fee. Finisce così un'epoca industriale ma anche una parte della storia personale di ogni europeo sopra i 35 anni. La prima perdita, in fondo, è sopportabile. Il cambiamento del quadro economico internazionale ha progressivamente spostato il grosso delle attività manifatturiere, anche quello un tempo ad alta tecnologia come i tubi catodici, verso i paesi emergenti. Destò stupore il passaggio della costruzione di hardware informatico dal tempio della statunitense Ibm ai nuovi capitalisti cinesi della Lenovo. Era il 2004. Lo stesso accade oggi per Philips. È la storia dell'economia nulla di più. Diversa la situazione per il cuore. La perdita della televisione targata Philips rappresenta la fine di un'epoca che parte dal pugno dato al televisore del nonno, rigorosamente in bianco e nero, per consentirne una più rapida sincronizzazione dei canali. Per passare ai successivi chassis di plastica bruna forniti dei primi rudimentali telecomandi. Intere generazioni hanno speso infanzia e adolescenza spingendo, non cliccando, il tasto «on» su marchi che suonano come reperti archeologici. Come dimenticare gli italici Phonola, Sinudyne e Brionvega schierati nel derby con i teutonici apparecchi televisivi. Dai nomi duri e prussiani. Era il tempo del Nordmende, del più elitario Schaub Lorenz, e del Telefunken. Già proprio quello che in anni più vicini produsse uno spot pubblicitario che restò nella memoria collettiva nazionale: «Potevamo stupirvi con effetti speciali e colori ultravivaci, ma noi siamo scienza, non fantascienza». Era il 1985. L'Europa era ancora divisa da un muro. La gran parte dei cinesi e dei russi, così come degli indiani, viveva sotto il livello di sussistenza e ben lontani dagli standard occidentali. Allora con gli Usa in testa, le case europee facevano il bello e cattivo tempo sui mercati internazionali. Philips stipendiava schiere di ingegneri per progettare e costruire prodotti sempre più sofisticati. I raggi x applicati nella medicina, le audiocassette e i cd sono usciti dalle sue ricerche. Era un Europa divisa dalle frontiere ma sicuramente più forte e agile di quella unita di oggi. Sipario abbassato. Da domani le tv saranno concepite e assemblate da esperte e laboriose mani cinesi e più in generale asiatiche. Da lì ritorneranno nei nostri negozi. Per il cliente nulla cambierà. Ma sapere che le stelline del marchio Philips brilleranno solo in Oriente provocherà un po' di emozione. E un batticuore per la sindrome del «never more». Il passato che non torna. Niente paura. La Philips lascia la tv ma si concentra sull'Healthcare: la cura della salute. Cuore compreso.

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