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Una Fiat da 100 miliardi

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L'ad di Fiat Sergio Marchionne

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Il progetto di integrazione tra Fiat e l'americana Chrysler va avanti a tappe forzate. E già entro la fine dell'anno il Lingotto punta a raggiungere il 51% della casa automobilistica Usa. Un passaggio che rende possibile, secondo l'ad del rilancio Sergio Marchionne, l'obiettivo tondo di ricavi complessivi per il gruppo sopra i 100 miliardi nel 2014. In gran parte da incassare non nel debole mercato europeo, fermo anche nel 2011, ma nei paesi emergenti come il Brasile e nelle rampanti nazioni asiatiche. Infine niente cessione del mitico marchio Alfa Romeo ai tedeschi di Volkswagen. Marchionne ha delineato così ai soci Fiat riuniti ieri in assemblea a Torino gli scenari futuri del gruppo. «Puntiamo a raggiungere il 51% in Chrysler entro fine anno -ha spiegato - e ci aspettiamo che Fiat nel 2014 raggiunga un fatturato di 64 miliardi di euro, quasi il doppio di quello ottenuto l'anno scorso e potrebbe arrivare a oltre 100 miliardi con Chrysler». Confermato che la nuova Panda sarà costruita a Pomigliano d'Arco nel secondo semestre di quest'anno. «Nel giro di qualche anno, sfruttando la ripresa del mercato, i volumi produttivi potranno superare la soglia delle 250 mila unità rispetto alle meno di 20 mila auto prodotte l'anno scorso» ha detto l'ad che spiazza il campo dalla polemiche sulla sede legale in Usa: «non è in agenda e non c'è alcuna tempistica».  Niente di deciso anche sulla quotazione della casa di Detroit che dipende dal desiderio di Veba, il fondo istituito due anni fa per fornire agli operai dell'auto assistenza sanitaria e pensionistica, «di monetizzare per pagare le domande dei pensionati di Chrysler». La casa di Detroit, spiega Marchionne, gode di buona salute: «ha una situazione finanziaria buona, con in cassa più di quanto ricevuto dal Tesoro Usa», vende auto e fa ricavi. Il manager della Fiat ha smentito ancora una volta alleanze allo studio per l'Iveco, in particolare con Daimler, perché «non c'è alcuna urgenza di andare a sposare qualcuno». Ha chiarito anche che non ha alcuna intenzione di vendere l'Alfa Romeo alla Volkswagen, anzi pensa che proprio grazie al Biscione potrà vincere «nel lungo termine la concorrenza con i tedeschi». L'ad della Fiat, ha confermato per quest'anno la politica dei dividendi con la distribuzione di 50 milioni agli azionisti della Spa e 100 milioni a quelli di Industrial, ripete le sue convinzioni sul divario tra il livello di produttività degli stabilimenti italiani, che è al 54% e scende al 37% se si considera la capacità tecnica, rispetto a quelli esteri dove le percentuali sono del 126 e del 78%. Nel 2010 sono stati compiuti «passi importanti per ottenere la più ampia flessibilità degli stabilimenti e garantire loro prospettive sicure», grazie agli accordi raggiunti per gli impianti di Pomigliano e Mirafiori. A questi stessi «principi guida» dovrà ispirarsi l'accordo per l'investimento all'ex Bertone, mentre «per Cassino e Melfi non c'è urgenza». Per il presidente John Elkann la Fiat del futuro è qualel del «ritorno alle origini» con un'azienda che di nuovo «fa automobili, soltanto automobili».

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